Pescara. Teatro Circus gremito di personalità politiche e tanti sostenitori per Gianfranco Fini, giunto nel capoluogo adriatico per presentare il suo ultimo libro ‘Il futuro delle libertà’ e per promuovere l’associazione ‘Generazione Italia’. Tante le critiche, nell’accezione costruttiva del termine, espresse dal Presidente della Camera, nei confronti del Pdl: partito al quale conferma la fedeltà, ma non senza apportare modifiche riformistiche. Il respiro è tutto puntato all’apertura verso il futuro.
“Le vecchie ideologie sono finite”, ha dichiarato, “rimangono, però, le idealità quali la legalità, il senso civico, la libertà, la passione politica e l’impegno per rendere migliore la società italiana. Il Pdl rimane la nostra casa ma ha bisogno di saper fare qualcosa di più, non è necessario solo governare: bisogna riformarsi”. Torna a Pescara Fini, dedicando l’incontro al compianto Nino Sospiri, e da Pescara lancia il suo segnale alla coalizione guidata dal premier Berlusconi. E lo fa attraverso una lezione di politica, di etica, rivolta ai meno giovani della politica con l’invito a rivolgersi ai giovani. Parla di legalità, invitando ad una politica scevra da interessi particolari: “La politica non è mera amministrazione, né un occasione per fare carriera rapidamente o ottenere privilegi. La magistratura deve vigilare su questo, ma la società ha il dovere di indignarsi e non esitare contro chi si mette sotto l’ombrello del potere per fare i propri interessi. La politica deve essere sopra ogni sospetto e, soprattutto, dimostrare ai giovani di agire per un interesse sociale complessivo”. Parla di: “guardare al futuro: basta guardare negli specchietti retrovisori, continuando con dibattiti vecchi di 15 anni”, e il futuro sono, appunto, i giovani: “bisogna avere il coraggio di fare come la Merkel, che in tempi di vacche magre ha investito su eccellenza, ricerca, sapere, tecnologie avanzate, per metterli a disposizione del futuro: i nostri figli”.
Da qui comincia a porre i primi stimoli critici al Pdl, facendo leva su Generazione Italia. Intenti provocatori quelli dell’associazione, stando alle dichiarazioni di Fini: “Il Pdl deve usare un linguaggio che rinsaldi il rapporto tra le generazioni. Siamo in un momento in cui i giovani sono preoccupati di avere un futuro peggiore del presente; Generazione Italia pone provocatoriamente al Pdl il tema del merito: merita di più il figlio di un notaio che parte da 6 e arriva a 10 o il figlio di un operaio che a 10 ci arriva partendo da più in basso?”.
Dal palco del Circus, la lezione si diffonde a tutto tondo. Audace e schietta la parola del Presidente della Camera, che non teme le nuove e non si preoccupa delle vecchie critiche: “Accetto anche che mi chiamino compagno, le polemiche mi stanno bene, servono anche quelle”, ha esclamato. Il passo per spostarsi sui temi caldi del momento è breve: si prende i rischi e argomenta su intercettazioni e legge bavaglio, tacciata dalle ultimissime voci di subire emendamenti. “Credo che il buon senso, alla fine, prevalga sempre”, continua, “ma devono restare saldi alcuni principi. La legge in merito è necessaria, ma così come si deve rispettare la privacy e non pubblicare fatti personali facendo gossip, anche su persone indagate, è da rispettare il diritto costituzionale di libertà di stampa. Io voglio rimanere in un paese in cui i giornali possono scrivere quello che vogliono, fatti personali esclusi, perché essi sono garanzia di libertà”. Un chiaro riferimento viene fatto sui risvolti scandalistici sessuali della vicenda Del Turco: “Quella pubblicazione è stata una vergogna”, ha sottolineato. Dalla libertà di stampa alle libertà che la stampa si prende. Interrogato sulle dichiarazioni di Vittorio Feltri, Fini risponde: “Già in passato ha cercato di spingermi ad andare via dal Pdl, ma non gli daremo questa soddisfazione”.
Ma se non c’è rottura con Berlusconi, qualche crepa è ben visibile. Continuando su Feltri, finisce per dargli una parte di ragione: “ Su certi aspetti gli do ragione: Berlusconi ragiona con la logica del predellino, dove c’è uno solo al comando. La sua leadership è indiscussa, ma non si può passare da un pluralismo burocratico ad un pluralismo carismatico dove uno solo pensa per tutti”. Al premier un richiamo: “non ragioni secondo la teoria del ‘dopo di me, il diluvio’, solo perché con lui il centrodestra ha vinto tutto”, e al Pdl un consiglio: “Un partito post-ideologico, del ventunesimo secolo è giusto che mantenga l’ortodossia della legalità e della coesione nazionale, ma occorre che si organizzi meglio e che lavori per i prossimi decenni: non si pensi solo al presente, ma si guadagni una certezza del futuro”.
Risparmiarsi? Giammai. Tanti ancora i punti da toccare, tutti ricondotti a nuove strade che il Pdl, secondo il Presidente Fini, deve intraprendere, distaccandosi dal passato per proiettarsi in avanti. Mercato: “Possibile che proprio il centrodestra non si accorge che il mercato, finiti i conflitti economici dello scorso secolo, ha visto la fine del liberismo senza regole? Il mercato, proprio perché globale, oggi ha bisogno di regole dalla politica”. Partecipazione: “Sono in crisi le classiche strutture di partito e di sindacato, ma nuove forme partecipative emergono: associazionismo, no profit, un intero mondo che dimostra la voglia di partecipare secondo nuovi modi. In tutta Europa si dibatte di ciò, il Pdl non ci spreca una riga”. Dopo la Merkel, Fini chiama in causa Sarkozy (con l’occhio lungo verso l’Europa) : “vorrei un Pdl con la fantasia di Sarkozy, che non misura il benessere della nazione solo attraverso il PIL”.
Nel suo dialogo a tre, dopo Berlusconi arriva il turno di Bossi, e della Lega, giudicata: “un alleato indispensabile, ma rimane sempre e solo un alleato”. Più che una crepa, qui si vede una spaccatura bella e buona. Fini strizza un occhio alle iniziative dell’alleato, ma l’altro è ben puntato sul proprio pensiero. Il federalismo ad esempio, che Fini descrive come: “un’opportunità ma anche un rischio per le regioni del centro sud; se congegnato male rischia di limitare i diritti costituzionali all’istruzione e alla salute. Il federalismo fiscale, stabilito un costo standard dei servizi, deve poi assicurare un fondo di compensazione perché le regioni più arretrate raggiungano il livello di quelle virtuose, evitando regioni a due velocità. Si al federalismo, ma solidale e unitario. E il Pdl deve ribadire la salvaguardia della coesione nazionale”. Poi si fa ancora più schietto: “La Padania? Non esiste: è solo una simpatica invenzione. Dopo l’identità nazionale esistono solo quelle dei municipi”.
Lega e immigrazione: altro passo breve. La terza carica dello Stato mette di fronte il Pdl, il suo Pdl, al concetto di patria: “Per un grande partito di centrodestra sono vitali da discutere anche questioni come quella dei nuovi italiani. Va bene lottare contro l’immigrazione clandestina ma bisogna preoccuparsi anche dell’immigrazione effettiva. Prendiamo l’Abruzzo, metà è composto da emigrati e in passato anche loro lottarono per difendere i loro sacrosanti diritti, è giusto che avvenga anche ora, non mi interessa se Fini viene chiamato compagno perché lotta per i diritti dei nuovi italiani, quelli che vestono le nostre divise militari o della nazionale di calcio anche se non sono nati in Italia”. Ma un problema immigrazione, Fini, sa che esiste ed è ben convinto di quali siano le cause di una mancata risoluzione: “il rapporto con alcune comunità. È bene capire chi è più integrabile di altri. C’è un problema con l’Islam perché non ha un capo ben definito e quindi non è possibile raggiungere un’intesa come è stato con tutte le altre religioni. Inoltre antepongono il precetto religioso alle norme dello Stato, ma ciò non si può affrontare con la becera propaganda e con qualche anatema alla ‘statevene a casa vostra’. Bisogna porsi il problema e, invece che chiudersi, magari aprire qualche moschea e controllare le loro azioni”. Una soluzione, Fini, la propone e la trova nella sua Italia: “Si è capito che sia l’assimilazionismo alla francese che il melting-pot anglosassone mostrano difetti. L’Italia è l’unico paese che non proviene dal colonialismo, ma prevede comunque un’immigrazione crescente: cosa aspetta la politica a parlarne in modo meno demagogico e accettarla con una mentalità più culturale?”.
Inevitabile, in conclusione, il riferimento al sisma aquilano, definito unico dallo stesso Fini per come è stata sventrata l’identità di una città profondamente legata a se stessa. In questo caso, però, la difesa all’azione del Governo è fatta a spada tratta: “E’ ingeneroso dire che il Governo non ha risposo al dramma dell’emergenza, una sfida vinta garantendo un tetto a chi non lo aveva più. Vero è anche che è ancora tutto da fare per la ricostruzione, ma la Protezione Civile è da ringraziare e se non sono state tolte ancora i cumuli di macerie è perché si punta a ricostruire tutto com’era prima e perciò non si può portar via nemmeno una pietra: è questa la vera impresa titanica”.
Daniele Galli