È la richiesta avanzata dal capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, Guerino Testa, che afferma: “Dopo un’attenta analisi della oramai annosa problematica che stenta a trovare una soluzione, ritengo che esistano due ragionevoli e concrete possibilità per ottenere un duplice risultato, quello dell’ottenimento del Dea per il presidio ospedaliero di Pescara e quello di preservare il più possibile la salute del paziente grave evitando di spostarlo da un nosocomio ad un altro”.
La prima si chiama equipe mobile, “esistente in molte realtà all’avanguardia”, spiega Testa “: prevede che lo staff medico di cardiochirurgia dell’ospedale di Chieti si sposti (e non il paziente) per effettuare tutti gli interventi necessari nell’ospedale di Pescara che, ovviamente, dovrà essere dotato di una sala operatoria adeguatamente attrezzata. La seconda ipotesi, invece, è quella di attribuire una valenza interaziendale all’Unità operativa di cardiochirurgia di Chieti: vale a dire – prosegue – prevedere una sezione di cardiochirurgia nell’ospedale di Pescara ma dipendente da Chieti. In entrambi casi, transitori, nessuna professionalità medica dell’area metropolitana sarà sminuita”.
“L’una o l’altra, purché il paziente grave non venga sballottato e gli si garantisca una chance in più di salvarsi”, ribadisce testa. Un recente esempio rappresentativo dell’esigenza di tempestività lo ricorda Antonio Ciofani, portavoce della Consulta clinica di Pescara: “Una giovane donna colpita da gravi complicanze post-partum, ha avuto una trombosi cerebrale, risolta con successo all’Ospedale di Pescara, nell’Unità di neuroradiologia interventistica. Successivamente, però, in precarie condizioni ha dovuto essere trasportata all’ospedale di Chieti, sede della cardiochirurgia, poiché un altro pezzo del trombo si trovava nel cuore. Rimozione avvenuta anch’essa con successo. Ma non si può non evidenziare -rimarca – quanto il trasporto abbia messo in serio pericolo la donna perché il trombo fluttuante cardiaco avrebbe potuto staccarsi, raggiungere il cervello e rendere di nuovo necessario il ritorno a Pescara, dove ci sono le adeguate competenze. Come pure potevano accadere complicanze cerebrali durante e subito dopo l’intervento in sede cardiochirurgica”.