Nei primi tre scrutini serviranno i due terzi dei voti dell’assemblea, mentre dal quarto scrutinio servirà la maggioranza assoluta.
Tanti i nomi circolati fino ad oggi sul dopo-Napolitano. Si è passati dal premio Nobel Dario Fo alla giornalista Milena Gabanelli, entrambi proposti dal Movimento 5 Stelle ed entrambi rinunciatari, fino ad arrivare agli ultimi “papabili”: a giocarsela sono il marsicano Franco Marini, già presidente del Senato e recentemente uscito sconfitto dalle elezioni, che hanno decretato la sua uscita dal Parlamento, e il giurista Stefano Rodotà, già presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali.
Nomi sui quali il mondo politico si é letteralmente spaccato. In particolare il Partito Democratico, nel quale é emersa una sostanziosa frangia dissidente sul nome di Marini. Non sono pochi coloro i quali hanno minacciato di riconsegnare o addirittura strappare la tessera di partito. I motivi? Anzitutto Marini è riuscito a mettere d’accordo centro destra e centro sinistra (Sel escluso) e questo é visto come un ‘inciucio’ tra le due coalizioni. Motivo di rivolta da parte degli “anti-berlusconiani” ad oltranza. E, infine, un dettaglio nom proprio irrilevante. Franco Marini é uno dei “grandi” sconfitti dell’ultima tornata elettorale. Gli italiani hanno deciso di non votarlo. E, quindi, di non sceglierlo. Un modo come un altro per invitarlo a “farsi da parte”, per lasciar spazio ad altri. Un invito al rinnovamento, insomma. Questo è il volere degli italiani elettori. Ma qualcuno, dai “piani alti” ancora una volta ha preteso di decidere per loro. In barba al voto democratico e al “popolo sovrano”.
STEFANIA PEZZOPANE (PD): “HO VOTATO SECONDO COSCIENZA”
Ho votato secondo la mia coscienza, turbata e preoccupata, ma convinta che qualsiasi altra scelta avrebbe prodotto un conflitto con me stessa, insopportabile. Ho votato Stefano Rodotà, consapevole di non aderire alla maggioranza del mio partito, ma supportata da centinaia di elettori del PD, che hanno manifestato amarezza e disappunto per la proposta di Bersani. Se la votazione per il Presidente del Senato è stato un momento di gioia, quella per il Presidente della Repubblica sta rappresentando un momento personale e politico tra i più impegnativi e difficili. La mia coscienza ha prevalso su ogni altra logica. Senza nulla togliere a Franco Marini, che merita rispetto. A Marini mi lega amicizia e stima, proveniamo dalla stessa aspra terra e questo ha provocato un ulteriore turbamento, perché la consapevolezza che avrebbe saputo bene rappresentare le ragioni del nostro territorio, scosso non solo dal terremoto, ma da una grave crisi occupazionale, ha avuto un peso non indifferente, prima di entrare in cabina. Non è certo la sua persona ad essere in discussione, anzi mi rammarica che strani intrecci tra mediazioni ed errori politici abbiano esposto lui a critiche e attacchi esagerati. In queste ore si è levata una speranza positiva di cambiamento, incredibile occasione per il paese, che il PD aveva il dovere di interpretare, com’era accaduto per l’elezione del presidente del Senato Pietro Grasso e della Camera, Laura Boldrini. Bersani in queste settimane era riuscito faticosamente a chiarire la nostra netta volontà di non andare ad un governissimo col PDL. In questo modo contemporaneamente avevamo indebolito l’indegno e demagogico disegno di Grillo, che alla fine delle Qurinarie, tra rinuncia e bocciature, era stato costretto a proporre proprio un uomo che viene dalla storia della sinistra, presidente del PDS e conoscitore e interprete modernissimo della Costituzione. Non ho compreso l’improvvisa virata, che ci ha condotto, da antiberlusconiani, ad un accordo con Berlusconi sul Presidente della Repubblica. Un brutto accordo, che esclude oltretutto SEL con cui ci siamo alleati. A Bersani, che considero un leader capace e coraggioso, chiedo di non mandare in fumo tanto lavoro che lui stesso ha fatto per ridare slancio e credibilità. Dopo il 24 e 25 febbraio l’Italia e il PD sono cambiati. Non si può restare indifferenti.