Chieti. “Rinnovare, il 10 febbraio, la memoria delle vittime dei massacri delle foibe non può che essere il modesto contributo del popolo italiano alla tragedia vissuta dai nostri fratelli istriani, fiumani e dalmati nei drammatici anni conseguenti la seconda guerra mondiale”.
Lo ha detto il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio, aggiungendo: “Un atroce disegno di pulizia etnica, spinto da ideologie e da feroce odio, che tanto orrore hanno cagionato ad una regione della nostra Italia, la Venezia Giulia, vessata da imperdonabili crimini del governo comunista e da ciechi nazionalismi che, purtroppo, ancora oggi, a distanza di sessantasei anni, tentano di riaffiorare e perpetrarsi in un atto tanto folle quanto vile quale è la profanazione delle lapidi erette per commemorare tali massacri (si vedano, a tal proposito, i recenti accadimenti riportati anche dagli organi di informazione nazionale). Ai giovani, cui il mio pensiero è sempre rivolto in occasione di tali commemorazioni, ripeto con forza, come altrove sottolineato, “siate vigili, siate memoria collettiva, perché con la reiterazione di tali atti non è solo la sacralità del ricordo ad essere minata ma l’inviolabilità di quei martiri, il cui sacrificio, un’ennesima volta, verrebbe immolato sull’altare delle ideologie. Insensate morti, violenza, troppo sangue umano è stato versato su un confine geografico e per un confine ideologico; in una terra, in realtà, che da sempre ha fuso le proprie radici occidentali con quelle dell’oriente delle tradizioni bizantine, una fusione armonica spezzata solo dall’arrivo della dittatura politica. L’Europa contemporanea, oggi, ripudia ogni forma di revanchismo ed ogni attentato alla libertà e alla tolleranza, l’Italia contemporanea, su questi fondamenti, si spinga oltre la debolezza della sua coscienza nazionale e rifletta, integri la sua storia, si sforzi di percepire le sofferenze che la mutilazione di quel territorio ha provocato in centinaia di migliaia di italiani e preservi il ricordo stesso di quell’italianità offesa. Non è attraverso il silenzio che si perpetra la memoria, né tanto meno attraverso un vuoto di coscienza storica e civile; la conoscenza, solo essa, può tentare di spazzar via quel meccanismo del terrore, vissuto in prima persona da coloro che non ci sono più e dagli altri italiani, sì sopravissuti, ma costretti ad abbandonare affetti e radici. È a costoro che desidero esprimere la mia solidarietà e la mia vicinanza, ed è con costoro che intendo riflettere su una parte della storia di tutti noi italiani, su quella ‘parabola drammatica dell’italianità adriatica’. Col cuore sarò con loro, con la ragione, ancora una volta, e come sempre, sull’opera scandita dal tempo. Coltivare la memoria è e sarà sempre il maggior tributo contro l’oblio e contro le tragedie, coltivare la memoria è non dimenticare ciò che è stato, è ricordare per non ripetere fatalità, è tutelare le minoranze quale vera ricchezza del mondo”.