Fara San Martino. “Dallo scorso 28 novembre, giorno in cui abbiamo deciso di scendere in campo coinvolgendo la cittadinanza di Fara su questo delicatissimo tema ad oggi, hanno già raggiunto un numero certamente significativo le firme raccolte tra quanti ritengono che la storia di una comunità come la nostra non possa essere stravolta e strumentalizzata in nome e per conto di quella che – spacciata per logica dell’accoglienza – altro non è che il vile business dell’immigrazione o peggio ancora del pedissequo e acritico ossequio alle malsane idee del Governo”
Così Antonio Tavanie Gianni Aruffo del gruppo di opposizione “L’Aquilone, Idee per Fara” in una Fara San Martino anch’essa, come molti comuni vicini, alle prese con l’incalzante minaccia della istituzione di possibili centri di accoglienza per immigrati.
La petizione popolare di cui Tavani e Aruffo hanno spiegato ambizioni e motivazioni al sindaco De Vitis e all’intero governo cittadino, è partita a ridosso delle festività natalizie: “Il dato significativo- spiega Tavani- che ci spinge a fare ancora di più, ad esempio organizzando a breve un banchetto di raccolta firme al Piano dei Santi, è che in questi giorni di festa siamo stati fermati da tantissimi faresi i quali ci hanno letteralmente pregati di dar voce al loro dissenso. Esia chiaro, una volta in più, che non ci stiamo a farci bollare come razzisti, così come razzista non lo è la comunità di Fara San Martino la cui storia parla, invece, chiaramente di accoglienza e rispetto”.
Tavani e Aruffo mettono con le spalle al muro i tanti, troppi, non detti del primo cittadino: “Perché non spiega senza filtri cosa intende fare? Perché non convoca un consiglio comunale straordinario e aperto alla cittadinanza in cui mettendoci la faccia dica chiaramente che aprire uno Sprar anche a Fara significa APRIRE UNA PORTA FINORA CHIUSA e non controllare più numeri, arrivi, movimenti e circolazione di immigrati? Lentella, Carunchio, Torino di Sangro e altri comuni a noi vicini che hanno già detto sì a Sprar e affini ci mostrano tutti i giorni i risultati di tali scelte: immigrati cresciuti a dismisura e spesso fuori controllo, strutture alberghiere definitivamente trasformate a scapito del piccolo ma prezioso locale turismo, per non parlare dei tempi inizialmente fissati a poche settimane di accoglienza spesso trasformatisi in 6-9-18 mesi di permanenza”.
Ad incalzare De Vitis in particolare Antonio Tavaniche spende anche l’esperienza vissuta sulla sua pelle di imprenditore del turismo appena tre anni fa quando nel 2014 gli fu offerto, dall’allora Prefetto di Chieti, di trasformare il suo albergo di famiglia (“L’Hotel Del Camerlengo”) in un centro di accoglienza di quelli allestiti, appunto, in strutture già esistenti sul territorio: “Con milioni di fatturato facile e garantito avrei potuto garantire il futuro dei miei dipendenti, del mio conto corrente e delle mie figlie. E, invece, l’idea di cancellare un simbolo della mia storia personale e dell’intera comunità di Fara non mi ha sfiorato. Non ho avuto bisogno di riflettere nemmeno per un minuto su quanto stessi perdendo in termini di soldi facili, sapevo che ci avrei guadagnato in serenità e coerenza. E così è stato quando ho ricevuto la stima e il ringraziamento delle tante persone che una volta saputo il tutto mi hanno confidato di aver tirato un sospiro di sollievo. Il Prefetto insistette per alcune settimane poi anche lui, così come alcune cooperative che mi avevano contattato spiegandomi dettagli e guadagno, dovette arrendersi dinnanzi ad una famiglia, una storia, una comunità”.
Conclude Aruffo: “Scelte come queste cambiano per sempre un paese, le sue strade, le sue abitudini e il vivere dei suoi abitanti, basti vedere ciò che è accaduto altrove in Abruzzo. Il SINDACO NON PUÒ NON TENER CONTO DELLA VOCE E DEL SENTIRE DELLA SUA CITTADINANZA: è per questo che chiediamo che alla petizione popolare faccia seguito un vero e proprio referendum affinché specie su argomenti così delicati la parola ultima spetti sempre alla gente come nelle logiche della democrazia. Ciò che la politica non capisce è proprio questo: il grande lavoro dell’accoglienza viene fatto dalle persone della porta accanto, che devono accettare, aiutare ed integrare chi arriva sul nostro territorio. Se questo non avviene si genera un rifiuto sociale e culturale che ghettizza l’altro e stimola odio reciproco e violenza come la cronaca quotidiana ci racconta, ormai, ogni giorno”.
Il senso della petizione popolare targata ““L’Aquilone, Idee per Fara”, avviata il 28 novembre e destinata ad entrare nel vivo in questo primo mese del nuovo anno, è proprio questo: scongiurare per una volta la solita logica italiana del “corriamo al riparo dopo l’accaduto”. Si è ancora in tempo per tenere Fara e i suoi cittadini al riparo dal rischio di vedersi snaturato un quotidiano di piccolo ma vivace paese in nome di quella che raccontata come spirito d’accoglienza spesso cela solo facili guadagni e diritti negati. Fermiamo il sindaco, e la sua palese ignoranza in materia, depositandogli sulla scrivania le firme di un’intera comunità così che non possa ignorare l’indicazione chiara, inequivocabile e perentoria di coloro in nome dei quali siede su quella poltrona e indossa quel tricolore!
E a lui che si permetteconvincerci che “per qualche mese di accoglienza non si distrugge nulla e, anzi, si guadagna in tanti” noi rispondiamo dicendo a De Vitis di informarsi meglio e che Fara San Martino può continuare a vivere sulle proprie straordinarie risorse perché solo restando ancorati a radici, storia e territorio si potrà superare anche questo grave momento economico.
Il senso di accoglienza va inteso come “coinvolgimento e condivisione dal basso” e non come decisioni subite perché piovute dall’alto della politica, nella sua accezione più cieca, sul capo di un’intera comunità!”.