Chieti. Su invito dell’avvocato Sara Marcozzi, consigliere del Movimento 5 Stelle, il Comitato cittadino per la salvaguardia e il rilancio di Chieti, nella persona del coordinatore Giampiero Perrotti, ha chiesto e ottenuto di essere udito in merito alla costituzione del Dea Funzionale di Secondo livello Chieti-Pescara in occasione della Conferenza dei Capigruppo del Consiglio Regionale svoltasi martedì 7 novembre a L’Aquila sotto la presidenza del dott. Giuseppe Di Pangrazio.
Questo il testo dell’intervento svolto dal coordinatore: “Grazie, a nome del Comitato cittadino per la salvaguardia e il rilancio di Chieti, della possibilità concessa di manifestare il pensiero del vasto mondo associativo che ad esso fa riferimento in merito alla costituzione del Dea funzionale di secondo livello Chieti-Pescara inopinatamente contestata da alcuni portatori di interessi di campanile, di correnti e di professioni.
Il Comitato non intende, in questa sede, riproporre le ragioni che militano in favore dell’integrazione funzionale dei presidi ospedalieri di Chieti e Pescara, ragioni che trovano da mesi dovuto spazio sugli organi d’informazione. Né intende ripercorrere le fasi di un processo decisionale che ha avuto la sua consacrazione nella delibera della Giunta regionale del 27 maggio scorso assunta sulla base di un solido documento tecnico-scientifico frutto del lavoro di una commissione appositamente costituita nel 2016, composta da dirigenti del Dipartimento della Sanità, dai direttori generali di entrambe le Asl, da medici e tecnici.
Quello che il Comitato intende sottoporre alla cortese attenzione e alla considerazione di voi tutti (che qui oltre a rappresentare le rispettive forze politiche siete, dovete essere, i portatori degli interessi di una intera collettività regionale) è la necessità che si ponga freno a un esasperato campanilismo, da qualunque parte proveniente, che da decenni e decenni, per non dire da sempre, condiziona lo sviluppo del nostro Abruzzo. Un campanilismo al quale, per il tempo perso dietro rivendicazioni insensate, la nostra Regione deve se, ancora oggi, non ha un porto mercantile degno di questo nome, indispensabile allo sviluppo e alle esigenze delle industrie della Valdisangro e del Vastese che da sole costituiscono quota rilevante del Pil abruzzese; se ha perso l’occasione di avere un’unica, solida Cassa di Risparmio regionale e ora non ne ha più neppure una; se si ritrova con uno scalo aeroportuale il cui auspicato potenziamento trova ostacoli nella carenza di spazi. E questo per limitaci ad alcuni esempi.
Un campanilismo, antica piaga mai sanata, che ha finora impedito un armonico sviluppo della regione perseguibile solo attraverso la tutela e la valorizzazione delle potenzialità, delle specificità, delle vocazioni delle singole zone; un campanilismo che ha prodotto una crescita a macchia di leopardo con scelte troppo spesso condizionate dalla convenienza di corrispondere alle pretese di chi grida più forte e di chi brandisce l’arma del maggior consenso elettorale.
E come non è accettabile privilegiare oltre ogni misura alcune zone a danno di altre, non è assolutamente condivisibile che nel nome del campanile si possa far prevalere un disegno che all’interno dell’area metropolitana della Valpescara preveda la destinazione di qualsiasi struttura, di ogni funzione principale e qualificante in un solo e ben determinato ambito comunale lasciando che gli altri centri si trasformino in una sempre più desolata, emarginata periferia economica e sociale.
L’area metropolitana conobbe la sua alba in una breve stagione di consenso tra le amministrazioni comunali di Chieti e di Pescara che favorì lo sviluppo della zona industriale, portò alla nascita dell’Università “G. d’Annunzio” e fece sì che l’asse di collegamento autostradale Tirreno-Adriatico non ignorasse la parte mediana dell’Abruzzo. Era l’avvio di un processo che si sperava virtuoso perché solo se rispettosa delle specificità dei tanti centri che la compongono, e configurata in maniera tale da assicurare a ogni zona idonee qualità di servizi, un’area metropolitana può essere portatrice di sviluppo per l’intera collettività e traino per il resto del territorio regionale. Ma quel processo oggi trova ostacolo nel riaffiorare prepotente di battaglie che lo stesso campanile prendono a pretesto per perseguire quelli che molto spesso sono interessi di categorie, di gruppi di potere.
Tutto questo noi, che di Chieti assistiamo al declino, non possiamo più permetterlo. Non possiamo permettere che subisca ulteriori impoverimenti una città che negli ultimi venti anni ha subito il collasso dell’area industriale passata da circa 10 mila unità lavorative a poche centinaia; che ha drasticamente visto ridimensionata la sua identità di città a vocazione militare con un crollo della economia locale cui sono state sottratte presenze di 20/25 mila persone l’anno; che ha perso uffici statali e persino l’unica rappresentanza di una struttura regionale (Tua, ex Arpa); che si è vista portare via un cospicua presenza di sanità privata nel quasi generale silenzio”.