Il Decreto Sviluppo recentemente approvato dal governo Monti ha sparigliato le carte sul tavolo dell’ufficio urbanistica del comune di Pescara. Le nuove norme statali consentono ai costruttori premialità del 20 per cento sulle cubature di costruzioni riqualificate, senza guardare in faccia agli standard urbanistici imposti dal consiglio comunale, complice anche una latitante legge regionale sull’edilizia. In fumo, quindi, le intenzioni del Piano particolareggiato 2 per riqualificare aree e servizi pubblici sulla riviera sud, dove l’ex Cofa dovrebbe risorgere in pochi anni dalle ceneri dei fatiscenti capannoni del mercato ortofrutticolo. La società Pescara porto, divisa tra gli imprenditori Milia e Mammarela, ha ricevuto la firma del dirigente comunale all’Urbanistica per il progetto che, forte del decreto governativo, vuole far sorgere due ‘torri’ a ridosso del porto turistico. Va da sé che, autorizzato il primo, qualsiasi costruttore nella stessa posizione si sentirà in diritto di correre negli uffici municipali per richiedere i permessi a tirar su cosa vuole e dove vuole, libero da ogni omogeneo vincolo comunale.
Ad avvalorare questa teoria sono le precisazioni giunte oggi dal consigliere comunale del Pdl Lorenzo Sospiri: “La concessione edilizia rilasciata sulla riviera sud di Pescara, per la realizzazione di un complesso immobiliare, rispecchia l’esercizio di un diritto da parte di un privato che, sulla base di una legge nazionale, realizzerà ciò che già era assentito su quella zona della città, con un aumento di volumetria del 10 per cento. Nel rilascio di quel permesso non c’era la discrezionalità di scelta, ma solo la verifica dei requisiti di legge, dunque il Dirigente non poteva non rilasciare l’autorizzazione”. Su questo si scaglia, però, il consigliere di Rifondazione Maurizio Acerbo: “Non era un atto dovuto: il permesso di costruire rilasciato, e quelli ancora da rilasciare, a nostro parere sono illegittimi in quanto in contrasto con lo stesso Decreto sviluppo che, nel concedere un premio di cubatura per interventi di riqualificazione, dà la possibilità di derogare, ma dai soli parametri edilizi, cioè densità edilizia, distanze o altezze. Nel caso in esame invece la deroga si è illegittimamente estesa anche ai parametri urbanistici, per cui l’intervento è stato autorizzato in difformità alle previsioni normative statali”. Cioè, passi che il progetto di Milia e Mammarella possa godere di ulteriori metri cubi, ma non che realizzi quanto non previsto dal piano particolareggiato. Ovvero: no a nuovi palazzi privati dove si vuole aprire al pubblico e al turistico.
Contrario il parere di Sospiri: “Guardando il progetto”, spiega il Pidiellino, “emerge che non ci saranno edifici residenziali, ma ci saranno alberghi e negozi. Sicuramente non sarà quell’intervento a far saltare la pianificazione del Piano particolareggiato 2 che andrà avanti nei lotti A e B e che richiederà solo la rivisitazione del lotto C”, quello del progetto di Pescara Porto, “partendo dal presupposto che la limitazione di altezze e ingombri in superficie è già stata in realtà preclusa dalla presenza della nuova sede della Guardia di Finanza”. Già, perché si corre anche il rischio che, con la briglia sciolta sui progetti, ci si potrebbe ritrovare un grattacielo stonato in mezzo ad un’area delineata su altezze più omogenee. Questo punto, almeno, trova concordi i due opposti partiti: “Oggi la tematica di cui parlare e sulla quale aprire un dialogo con i privati”, conclude Sospiri, “è non tanto su cosa si costruirà, già previsto nel progetto, ma sulla distribuzione dei volumi, magari cercando di adeguare le opere, per quanto possibile, alle previsioni del Piano particolareggiato 2”
Ma Acerbo, che rivendica la sacrosanta inviolabilità di ogni strumento urbanistico già approvato, e teme una reazione a catena paventando le richieste di cubature premio inoltrate dalla ditta D’Andrea sulle Town di via Carducci (dove è già approvato un piano di recupero), è pronto a battagliare per mettere Pescara al riparo dalla cementificazione selvaggia, ora autorizzata: “Ci rivolgeremo”,promette, “alla Procura della Repubblica e alla giustizia amministrativa”.