Lo dice in una nota il capogruppo del Pd in Consiglio Provinciale a Chieti, Camillo D’Amico, che prosegue: “I cittadini, da un partito che si candida al governo della nazione, questo si aspettano. Il sostegno al governo Monti ci costa e costerà parecchio in termini di consenso elettorale. I troppi e continui silenzi su misure durissime che hanno scalfito la tenuta finanziaria e la credibilità democratica degli Enti locali distruggendo la voglia di protagonismo e d’impegno di tanti eletti nei comuni ed a breve, se non ci sarà un salutare quanto necessario ravvedimento, delle Province, i diritti pensionistici acquisti ma lesi e violati, le prestazioni sanitarie sempre meno certe, i trasporti pubblici sempre meno sicuri e precari soprattutto per le classi meno abbienti, altro ancora che volutamente sottaccio, hanno fatto il paio con nessun credibile intervento teso ad incidere e ridurre i costi ed il privilegi laddove sono reali, concreti e conosciuti. Tutto ciò non ha portato ne porterà benefici al Pd. Anche la timidezza su un nuovo sistema elettorale che riporti il potere decisionale in capo al cittadino elettore così come una riduzione del numero dei parlamentari, eliminazione degli enti costosi ed inutili non faranno bene alla salute ed all’onore di un partito nato essere democratico e riformista che, ancora, vorrebbe affidarsi a primarie senza regole e con un sistema di natura sovietica per …selezionare la classe dirigente. Non sono tifoso del sindaco di Firenze Matteo Renzi, che contesto nel metodo ma affatto nel merito delle questioni che solleva, e per questo ho anche sottoscritto l’appello di candidare Pierluigi Bersani a premier promosso dal sindaco di Torino Piero Fassino ma contesto vivamente il fatto che: ancora si pensi di risolvere tutto attraverso le primarie quando invece andrebbero valorizzati gli iscritti dando un senso all’appartenenza, militanza ed ai circoli che chiudono inesorabilmente nel territorio; non si attui in maniera netta la logica del numero massimo dei tre mandati per i parlamentari con poche e motivate eccezioni quando poi, negli enti locali (regioni, province e comuni) è tassativo il numero di due; non si fissi formalmente nello statuto e regolamenti, almeno per le cariche apicali, l’incompatibilità tra eletto e dirigente di partito sia distinguere le funzioni ed i ruoli che ampliare in concreto la partecipazione. Come possiamo immaginare un vero rinnovamento generazionale, non pilotato, se non mettiamo in atto queste semplici elementari regole? Come sarà possibile tornare ad essere credibili tra i cittadini se non aumentiamo i momenti di partecipazione vera degli iscritti per dare senso e credibilità al partito? Personalmente sono un nostalgico della prima repubblica, credo ancora nella democrazia dei partiti anche se rivisti e corretti, ritengo sia possibile recuperare credibilità presso la pubblica opinione, trovare modi e metodi di sobrietà nella spesa per la politica, nuovi protagonismi per i territori e le giovani generazioni ove emergano meriti e capacità, ridare importanza al cittadino posto al centro dell’azione politica ed istituzionale. E’ giunta l’ora di essere seri e concreti. Non più professionismo nella … ma per la politica tesa al servizio del cittadino. Non più gente che considera le istituzioni come cosa propria ed in senso padronale – conclude D’Amico – ma come strumento al servizio della collettività amministrata, non più selezione della classe politica affidata al caso, ai soldi, alle furbate ed alle prepotenze ma al merito. E’ utopia? Non lo so. Mi batterò, dentro e fuori il mio partito, affinchè questi principi si affermino”.