“C’è qualcosa in questa vicenda che non quadra” ha aggiunto il Governatore “e certo il Porto di Pescara non è un problema di carattere politico. La commissione d’inchiesta dovrebbe verificare e analizzare tutti i comportamenti dei soggetti, pubblici e privati, che sono entrati nella vicenda. Sul Porto di Pescara gravano tre ordini di problemi: il primo legato agli errori progettuali iniziali di un porto costruito male; il secondo legato alle analisi che finora si sono succedute dei fanghi dragati; il terzo legato ai finanziamenti”.
Prima della costituzione di una eventuale Commissione d’inchiesta, i parlamentari abruzzesi depositeranno in Parlamento un’interrogazione rivolta al Governo che ripercorre la vicenda del porto e chiede immediati interventi. In questo senso, il Commissario ha annunciato, incassando la solidarietà del presidente della Regione Abruzzo, le sue dimissioni nel caso entro due settimane “non arrivino risposte e soluzioni dal governo”.
Chiodi ha poi rivolto un appello a tutti i soggetti istituzionali e politici regionali e nazionali “perchè, abbandonando logiche di appartenenze, si facciano portatori dell’interesse a conoscere cosa c’è nel porto di Pescara e se ci sono le risorse finanziarie”. Nel frattempo, il presidente della Regione Veneto, ha rivelato il presidente della Regione, ha respinto la possibilità di depositare a pagamento in proprie aree di raccolta i fanghi dragati dal porto di Pescara.
Nello specifico, dall’incontro sono stati concordati quelli che saranno i prossimi step. Una interpellanza parlamentare firmata da esponenti del centrodestra e del centrosinistra da presentare nei prossimi giorni per sollecitare il Governo centrale ad intervenire sul porto di Pescara, che è oramai “un malato terminale”. Una o più commissioni d’inchiesta, cioè a livello regionale e nazionale, per ricostruire le vicende che hanno riguardato lo scalo e il mancato dragaggio. Un incontro urgente da chiedere e ottenere a strettissimo giro con i ministri Clini e Passera per discutere della vicenda. L’obiettivo: individuare una via di uscita.
“Serve una assunzione di responsabilità da parte di tutti” ha detto Testa, il quale ha spiegato di aver fatto “tutto il possibile, per ciò che mi riguarda”, ed ha lanciato un appello alla costituzione di una sorta di “patto per il porto”, chiedendo sia alla Regione che ai parlamentari un impegno concreto. Se però non dovessero esserci conseguenze alla riunione di oggi Testa è pronto a dimettersi tra due settimane, “pur restando a fianco di tutti coloro che lavorano al porto”. Il commissario ha annunciato, tra l’altro, che domani si terrà una riunione della Commissione regionale per la pesca per il raddoppio del fermo.
La richiesta di Testa è stata accolta dal presidente Chiodi che a sua volta ha chiesto a tutti di “fare massa critica”. Si sono detti disponibili e pronti ad adoperarsi i senatori Di Stefano, Pastore, Legnini, e l’on. D’Incecco.
“E’ un problema nazionale che riguarda l’ecosistema, e mi meraviglio che non si siano ribellati gli ambientalisti” ha commentato Pastore parlando dei fatti del porto e del fiume come di “una vicenda senza precedenti”. “Mi stupisce e impressiona” ha aggiunto Di Stefano “che le istituzioni pubbliche delegittimino le istituzioni pubbliche. Siamo arrivati sulla luna ma non riusciamo a capire cosa c’è nel fiume”, ha aggiunto riferendosi alle analisi sul materiale da dragare e sulla divergenza di risultati tra l’Arta e il laboratorio incaricato dalla Procura dell’Aquila (che il 12 dicembre ha interrotto il dragaggio).