E’ quanto afferma in una nota il capogruppo del Pd in Provincia a Chieti, Camillo D’Amico, che continua dicendo: “Faccio però notare, senza alcuna polemica, al presidente Testa che, con riferimeno al suo omologo della Provincia di Chieti Enrico Di Giuseppantonio, la coerenza non è per lui una grande virtù perchè non hanno avuto la bontà, l’umiltà e la generosità di essere consequenziali con i pomposi annunci estivi del 2011 ossia avviare il percorso di fusione degli Enti strumentali dei due Enti: O.P.S. ed ALESA per Chieti, con ProvinciAmbiente per Pescara. Questo processo, purtroppo solo annunciato, avrebbe potuto dare contezza dell’utilità ed esistenza dell’Ente Provincia, offrire una concreta opportunità di nuove attività magari allargate ai Comuni nonchè garantire l’occupazione attuale e prevederne della nuova. Alle parole non sono succeduti i fatti nonostante la successiva buona volontà manifestata certamente dal mio partito, il Pd, poi condivisa anche dagli altri gruppi di minoranza del centrosinistra in entrambre le Province. Quanto ho appena affermato non vuole essere una diminutio alle altre ragioni menzionate dal presidente Testa sul perchè sia opportuno ed utile che il necessario riordino delle Province avvenga in un’ottica complessiva dove anche Parlamento, Regioni e Comuni abbiano un pari trattamento in ordine a nuovi ruoli e competenze così come non è più rinviabile intervenire e in maniera saggia, obiettiva ed incisiva su tutta una serie di Enti strumentali le cui funzioni spesso risultano sovrastrutturate e doppie rispetto a quelle proprie delle suddette istituzioni previste in Costituzione anche perchè in questi, molto spesso, si annidano elevati costi della politica, poteri e funzioni non proprio trasparenti, soggetti che corrispondono ai potenti dei partiti di turno. I contenuti dall’appena approvato decreto Salva Italia, a cura del Governo presieduto dal sen. Mario Monti, , sono la risultante finale di una scandalosa e populista campagna mediatica prodotta dalla vera casta che alberga in Parlamento e dintorni, non eletta dal popolo sovrano ma nominata dai partiti che li hanno condidati, la quale ha voluto sospendere ulteriormente la democrazia facendo fare, quanto era in capo a loro, lo stesso sistema elettorale, alle prossime elezioni politiche. Non è nelle Provincie e nei Comuni che albergano costi della politiche e privilegi ma altrove: pertanto sarebbe bastato, e basta annualmente, fissare nella legge di bilancio dello stato un tetto percentuale massimo si spesa lasciando poi agli Enti locali, nei loro statuti e regolamenti, il numero di componenenti dei Consigli e delle Giunte perchè questo si deve al principio costituzionale dell’autonomia. Tutto ciò non è avvenuto in quanto bisognava parlare della pancia della gente e non incidere al merito dei problemi. Ora basta!!! E’ giunto il tempo della chiarezza e piena assunzione di responsabilità. Bene fanno le Province a difendere il loro baluardo di democrazia, frutto della libera e consapevole elezione dei cittadini e male hanno fatto, qui in Abruzzo, i parlamentari e la moltitudine dei consiglieri regionali (forse per difendere qualche loro privilegio minacciato?) quando a Pescara, lo scorso 19 dicembre 2011, hanno (volutamente?) disertato una collegiale adunanza non certo per difendere poltrone ma il sacrosanto principio della democrazia rappresentativa e rivendicare un complessivo ridisegno dell’architettura istituzionale. Alla luce dei contenuti del decreto Salva Italia, considerati i tempi ivi previsti per la concreta messa in pratica, non tutto è ancora perduto per intervenire con solerzia. Le ragioni sono ormai note: costi, aumento della burocrazia, incertezza e confusione di ruoli e competenze: è però necessario che le iniziative, i contenuti della comunicazione, il rapporto con le altre istituzioni, gli atti amministrativi trovino il più alto coinvolgimento dei gruppi e partiti politici rappresentati nelle assise provinciali. I presidenti delle Province abruzzesi – conclude D’Amico – non possono pensare di fare da soli, come è notorio loro vizietto, perchè è un limite culturale e politico che non aiuta la causa ci troviamo in comune a difendere ma si genera solo ulteriore confusione ed alibi in chi vuole annullarci ad annientarci con buona pace della democrazia e dei suoi valori”.