di Nando Marinucci
Francavilla al Mare. Rigoroso terminale di antiche, leggendarie e dolorose memorie del mare. Strano ed anomalo riferimento di un popolo contadino, intimamente votato alla terra ed alle sue dinamiche vitali. Una città di mare che però resiste silenziosa sul colle e che diffida ancora, erigendo muri e recinti d’ogni sorta lungo una linea di confine ancora salda e viva nella coscienza di una città che teme, che ha paura e che si chiude al mare. Grandi vele verdi all’orizzonte, per un passato che angoscia ancora. In una mite città di costa, un segno di speranza e di fiducia che all’improvviso svanisce in una triste storia di saccheggio, di morte e di terrore.
Diffidenza persistente dunque. Cinque secoli trascorsi dai tragici fatti saraceni non nascondono i segni di una difficoltà malcelata, di un ostacolo ancora presente nella mente e nei ricordi, ma mai superato. Ancora un pericolo dal mare; una costa da difendere allora … da fortificare. Una città chiusa adesso ed incredibilmente protetta. Strane ed incredibili mura a riva fuori dal tempo e fuori da ogni logica apparente; forti richiami dalla storia per una città che vuole ancora difendersi dai fantasmi del passato.
Piccoli bastioni colorati, fragili e discontinue strutture abitative, costruzioni bizzarre d’ogni sorta, lungo il confine terra mare; un grande esercito di guerrieri e mercenari all’opera; uomini di guerra risorti forse anche dal passato. Uno strategico porto, reale o fittizio, ed una grande fortezza inespugnabile, posta a guardia di una città che teme ancora. Una città in lenta e grave trasformazione; un organismo che va spegnendosi e che inesorabilmente sembra chiudere le ultime vitali vie d’accesso al mare, al proprio futuro con le ultime ed inutili fortezze della costa. Triste sorte, amaro destino per un luogo, per un mondo che però è ancora vivo e vegeto, per un popolo fiero ed oggi più forte che mai, per una città sempre vicina e naturale approdo delle più grandi ed incredibili passioni umane del nostro territorio teatino: l’incommensurabile mondo del mare.
Un mondo largo ed aperto, che non si chiude affatto ma che invece adesso deve rompere gli indugi, demolendo ogni sorta di confine. Fortezza inutile allora; seducente ed irreale mito di una Sirena oramai fuori dal tempo. Uno spazio, un grande spazio vivo ora; giù la fortezza e la sua ombra ossessiva per aprirsi al mare, per aprirsi al mondo. Via la pesante catasta di mattoni per una nuova piazza, un nuovo spazio aperto in una nuova idea di città. Una città vera è oramai necessaria. San Franco dall’alto del vecchio nucleo; grande ed indiscutibile riferimento, a dominare indifferente lo strano agire della costa, ma dal Foro all’Asterope, per il retto Alento, è il momento di ristabilire i giusti contatti e le vere relazioni, per ripristinare l’unico e vero rapporto vivo possibile per questa città, quello con il mare. Tempi giusti, forti responsabilità, scelte oramai necessarie per il futuro della nostra mitica Ferentum.
(La Sirena, dopo le ultime vicende amministrative e rispolverando un pensiero trascritto e pubblicato sull’Amico del Popolo nel 2009, si conferma dunque un complesso che andrebbe abbattuto. A mio parere sarebbe utile abbatterla tutta per realizzare una grande piazza a livello superiore quale estensione del pontile per l’esclusiva mobilità pedonale, dunque, uno spazio da realizzare sopra il piano stradale attuale, che rimarrebbe invece area di mobilità carrabile, parcheggio e servizi. Una quinta vegetale, in definitiva, si renderebbe necessaria a ridosso della linea ferroviaria.)