Case popolari, Mia Casa: “A 21 mesi dal sisma, niente è stato fatto”

 

Rapagn_MiaCasaPescara. “A 21 mesi dal sisma, niente è stato fatto in aiuto a chi abita negli alloggi popolari a L’Aquila e in tutta la Regione”, si riassume in questo inciso l’infervorato intervento di Pio Rapagnà, presidente del Mia Casa d’Abruzzo, nel corso dell’annuale riunione del Movimento inquilini assegnatari. Un’assemblea tenutasi oggi pomeriggio, nella sala consiliare del Comune di Pescara, con al centro i temi della ricostruzione e della sicurezza edilizia antisismica, con deviazioni verso i più generali problemi degli inquilini popolari.

Ventitremila gli alloggi popolari in Abruzzo (escludendo quelli di proprietà dei Comuni), circa seimila compresi nel territorio aquilano: “Di questi seimila, quasi 4000 sono finiti nel dimenticatoio”, afferma Pio Rapagnà spiegando che dopo il terremoto del 6 aprile 2009 solo per 1450 abitazioni è stata dichiarata la necessità da ricostruire, “mentre le altre sono state dichiarate agibili anche se non lo sono, perché sono finiti i sussidi in favore di chi era sfollato; ora migliaia di famiglie vivono con il terrore di nuovi crolli e tremano ad ogni minima scossa di terremoto”.

Così Rapagnà denuncia le mancate ricostruzione e messa in sicurezza degli edifici popolari, evidenziando un altissimo rischio diffuso su tutto il ‘cratere’, anche nelle zone più vicine alla costa: “Se oggi avvenisse una nuova scossa come quella del 6 aprile, crollerebbero tutte le case popolari di Sulmona, Avezzano, l’alta provincia di Pescara, Chieti, Teramo e le zone verso il Gran Sasso; possibile che nella nostra regione, con tutti i soldi sperperati per la ricostruzione nessuno abbia pensato di consolidare questi edifici, sia quelli lesionati che quelli sani ma non antisismici?”. Mia Casa, fautrice di una lotta coordinata tra tutti i comitati degli inquilini popolari d’Abruzzo, accusa direttamente il Consiglio Regionale che “nell’approvazione del bilancio, il 28 e 29 dicembre scorsi hanno pensato a tutte le spese, anche all’aumento degli indennizzi ai politici, senza destinare un euro a questi provvedimenti”. E Mia Casa da tempo ha richiesto allo stesso Organo l’istituzione di una legge sulla ricostruzione e la sicurezza degli alloggi popolari: “I soldi ci sono, la legge dello Stato che obbliga ad intervenire pure: perché il Consiglio Regionale non fa nulla?”, chiede ancora Rapagnà.

Non esente da colpe, secondo Rapagnà, nemmeno l’Agenzia territoriale per l’edilizia territoriale de  L’Aquila, proprietaria di vari edifici, “che in 21 mesi non solo non ha fatto nulla per garantire il diritto alla casa a migliaia di famiglie terremotate, ma ha anche inviato una lettera a tutti gli inquilini annunciando che, causa terremoto, i contratti di affitto e di assegnazione venivano annullati”.

Per Pescara, invece, la situazione Ater è del tutto economica. Per tali abitazioni, destinate ad una fascia di cittadinanza con reddito basso, per lo più pensionati e disoccupati, gli affitti rimangono contenuti e le particelle catastali risultano adeguate alla condizione economia degli inquilini. A quanto pare, però, l’Ater richiede ora il pagamento, prima non richiesto, delle particelle riferite ai garage. Mia Casa già nel 2004 aveva instaurato una vertenza con l’Ater di Pescara per questa causa, vinta nel 2007 grazie all’intervento del Consiglio Regionale: la norma nazionale stabiliva che, anche se non direttamente connessi all’abitazione, i garage erano parte integrante dell’alloggio e quindi non era dovuto un pagamento extra sull’affitto. “Ora, per pagare i debiti causati dalla errata gestione, l’Ater ha cambiato le particelle catastali stabilendo che non essendo direttamente collegati agli appartamenti, i garage si pagano a parte; ma come può un garage essere collegato ad un appartamento ai piani superiori?”, critica indignato Rapagnà. L’Ater ora richiede il pagamento dei 7 anni arretrati, ovvero da oggi alla prima vertenza del 2004, di 35 euro al mese per garage: “Come si fa a chiedere di pagare 3500 euro ad una persona che, se gli va bene, prende 500 euro di pensione al mese?”, domanda in conclusione il presidente Rapagnà.

Daniele Galli

 

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