Chieti, D’Amico chiede convocazione Consulta provinciale dell’economia e del lavoro

camillo_damicoChieti. Camillo D’Amico scrive al presidente della Provincia di Chieti, Enrico Di Giuseppantonio, per chiedere la convocazione di una Consulta provinciale dell’economia e del lavoro.

Secondo il capogruppo del Pd alla Provincia, infatti, la Regione Abruzzo non riuscirebbe ad uscire dalla quotidiana gestione dell’ordinaria amministrazione, nonostante i preoccupanti dati statistici che darebbero l’Abruzzo a picco sul piano della produzione industriale, degli investimenti e dell’occupazione.

Stando a quanto dichiarato da D’Amico, la provincia teatina conta il Pil più alto, oltre ad avere maggiori interessi nell’industria manifatturiera e nell’agricoltura di qualità e a contenere le maggiori potenzialità di ripresa nell’automotive, ricerca e turismo.

“Da ciò” ne deduce D’Amico “non possiamo restare a guardare ma abbiamo il dovere di essere audaci e pieni d’iniziativa. Il gruppo del Pd, che ho l’onore di presiedere, ha in mente idee e proposte che non faremo mancare di presentare sia a Lei quanto all’intera maggioranza in fase di redazione del bilancio di previsione del 2011 sulle quali, per una nostra doverosa azione di confronto di con i medesimi soggetti dell’avvio della “vertenza Abruzzo”, stiamo nel frattempo valutando nel merito con gli stessi arricchimenti e/o suggerimenti allo scopo di definire una realistica piattaforma comune”.

Nel frattempo, il capogruppo chiede la convocazione di una “Consulta provinciale dell’economia e del lavoro” per una disamina del merito del documento redatto dalle  parti sociali e datoriali  ed inviato a Gianni Chiodi, oltre a verificare come poter mettere in atto comportamenti virtuosi, di cui la provincia sia autorevole resista istituzionale, per “aggredire” “una situazione che può diventare devastante sul piano sì della tenuta occupazionale e produttiva del nostro territorio, ma anche di una coesione sociale che potrebbe presto degenerare se le forze politiche, sindacali, padronali ed istituzionali non recuperano un condiviso e partecipato “governo” della crisi”.

 

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