Il maxi-risarcimento per la centrale a biomasse arriva in consiglio regionale. L’interpellanza

“Come ottenere un maxi-risarcimento dalla Regione (4.750 milioni di euro), per un’autorizzazione decaduta, poi dichiarata illegittima, perché nella procedura di concessione è stato saltato qualche passaggio”.

 

E’ un’affermazione che cela punte di sarcasmo quella del Movimento 5 Stelle sulla vicenda della centrale a biomasse di Colonnella. Il maxi-progetto poi abortito strada facendo, per una serie di ragioni, veicolato dalla Sagitta Immobiliare.

La vicenda, da un punto di vista procedurale è oramai consegnata agli annali. Ma non certo da un punto di vista politico e amministrativo, visto che domani, martedì 3 marzo, in consiglio regionale il tema tornerà d’attualità grazie ad un’interpellanza presentata da Marco Cipolletti (M5S). L’interpellanza, in realtà, era stata depositata lo scorso 30 di ottobre, ma dopo rinvii di varia natura, finalmente, arriva in aula. “Proveremo ad ottenere dei chiarimenti circa la legittimità dell’istruttoria che ha portato all’accordo”, spiega Marco Cipolletti, la competenza della giunta uscente a deliberare. Ma anche la congruità degli importi e le valutazioni circa le responsabilità, eventuali, degli uffici regionali.

In queste ore che procedono la discussione sulla questione, il M5S di Tortoreto ha fatto una ricostruzione, piuttosto articolata sulla vicenda.

Tutto inizia nel 2012. Nel giugno di quell’anno la conferenza dei servizi, per il progetto di realizzazione della centrale a biomasse, programmata nella zona industriale di Colonnella (in uno stabile in disuso), ottiene il parere favorevole. “Il successivo 10 luglio la Regione rilascia l’Autorizzazione Unica senza attendere tutti i pareri richiesti (la Provincia di Teramo l’aveva inviata il giorno stesso, mentre quello dell’ARTA sarebbe arrivato soltanto il successivo 27 luglio) e senza riaprire la Conferenza di Servizi, si legge nella ricostruzione.

Poi nel proseguo del contenzioso, il Tar evidenzierà alcuni aspetti di natura giuridica e procedurale, che alimentano più di una perplessità.

“Fa riflettere”, prosegue la nota, come l’autorizzazione venga rilasciata il giorno precedente all’entrata in vigore della riduzione degli incentivi pubblici per impianti di quello proposto dalla Sagitta Immobiliare”.

Cosa dice il Tar. “Tra l’altro, la forzata chiusura del procedimento (non solo al di fuori della Conferenza, ma addirittura prima di aver comunque  raccolto tutti i pareri prescritti) ha determinato ingiusti vantaggi alla ditta richiedente, del tutto a prescindere dall’ipotesi che –dopo una rituale istruttoria- l’autorizzazione sarebbe stata o meno rilasciata…”

“… Ora, anche a prescindere dall’intenzionalità di un simile modus operandi, che ha comunque indiscutibilmente registrato anomalie ed accelerazioni istruttorie proprio a ridosso del citato dies a quo, resta pacifico ed indiscusso che a causa di tali anomalie il procedimento è terminato in modo prematuro, appena prima dell’entrata in vigore di una normativa di sovvenzione più favorevole all’erario ed alla collettività. Quanto sopra evidenzia ed aggrava la superficialità della PA procedente, che così facendo non solo ha posto in essere procedure invalide e contra legem, ma, proprio in relazione a tali invalidità, ha finito per favorire gli interessi economici della ditta richiedente, a discapito di quelli pubblici…”

Inizio lavori. Mentre sulla vicenda si è generato, anche a livello popolare una sorta di mobilitazione contro il progetto, il 9 luglio del 2013, il giorno precedente la decadenza dell’autorizzazione rilasciata, la società comunica l’inizio dei lavori. Ma le verifiche effettuare dal Comune di Colonnella (polizia locale e ufficio tecnico), dimostrano che i lavori, in realtà, non erano mai partiti. Rilievo, questo, che poi porterà nell’ottobre del 2014, la Regione, a dichiarare la decadenza dell’autorizzazione. Cosa poi confermata dal Tar l’anno successivo, riconoscendo nella sostanza le illegittimità procedurali legate al rilascio del nulla-osta.

Il contenzioso. La Sagitta a quel punto chiede un maxi-risarcimento alla Regione di oltre 56 milioni di euro (3,5 per danno emergente, 49 per perdita economica e 4 per danno d’immagine).

Seguono diverse interlocuzioni tra le parti fino all’incontro del 18 ottobre 2018 a cui segue un sollecito il 4 dicembre successivo, da parte dell’allora vice-presidente della Regione (Giovanni Lolli) all’Avvocatura, la quale, il 21 dicembre, rilascia assenso di massima sulla congruità dell’importo di 4.750.000€ a favore di Sagitta.

Gli ultimi accadimenti. Nel febbraio del 2019, a tre giorni dalle elezioni, la giunta regionale approva la transazione alla quale l’attuale esecutivo regionale da l’avallo con una variazione di bilancio, mentre la Corte dei Conti, sulla scorta di una segnalazione, accende i riflettori sulla vicenda.

“Ma se l’autorizzazione era stata dichiarata decaduta ben prima della revoca”, ben prima della revoca, in quanto la Sagitta non avrebbe iniziato i lavori”, si interroga il Movimento, “perché gli sono stati riconosciuti 4,7 milioni?”

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