Atri, Covid Hospital: il Comitato a difesa del San Liberatore scrive alla Cgil. La lettera

Atri. In una lunga lettera, anche Mario Marchese del Comitato Difesa Ospedale si dice d’accordo con quanto sostenuto dalla  FP Cgil in merito alla riorganizzazione del San Liberatore, convertito in Covid Hospital durante l’emergenza sanitaria. Per questo motivo si rende disponibile alla Funzione Pubblica affinchè si trovi una soluzione alternativa al progetto di suddivisione del San Liberatore in due ale: una Covid e l’altra Covid free, destinata cioè ai pazienti non affetti da Coronavirus.

 

“Carissima CGIL, caro Delo Tosi, Segretario responsabile della CGIL di Atri, Presidio Ospedaliero di Atri, come FP, sono certo che scrivere la vostra nota sicuramente vi è costata molto, dato le scelte fatte dal Sindaco di Atri (?), o da Di Giosia, Direttore Generale dell’ASL, o dalla Direttrice Sanitaria, dr Maria Mattucci, per rendere il S. Liberatore Covid 19, tutto Covid, senza un attimo di riflessione, di discussione, di confronto con le forze sociali e rappresentative del Presidio, CGIL in primis. Fa riflettere tutto questo, sia sulla ipotesi di scelta fatta in passato, che soprattutto ora, di fase 2, nella quale, almeno, si poteva recuperare un momento di riflessione e di coinvolgimenti, di espressioni alternative alle decisioni prese”. Il Comitato Difesa Ospedale di Atri, costituito nel 2006, condivide quindi anche la presa d’atto del sindacato in merito al mancato coinvolgimento delle parti.

“Questo Comitato ha già da tempo esposto la necessità di un’alternativa alla decisione presa, si è fatto promotore di proporre al Sindaco alternative, così come al Direttore Generale ed alle forze politiche del Consiglio Comunale di Atri, cioè di poter utilizzare l’ex Ricciconti, posto in Via della Repubblica, oggi sede del S. Stefar, e del CIM, che potevano ben trovare posto nell’ex DSS di Via Finocchi, e lasciare quella struttura a tutto Covid” visto che, a detta di Marchese, avrebbe avuto anche gli spazi per organizzare la logistica necessaria ad una struttura Covid “con estrema sicurezza per gli stessi pazienti e per i cittadini avventori dei numerosi servizi da riattivare, sospesi ed annullati per 3 mesi e più. Per farlo ci volevano appena 5-10 giorni. E tutto questo poteva essere fatto dopo la famosa “Conferenza di Servizio”, così come espressa in proposta e già consegnata dal Sindaco di Atri, Regione Abruzzo, Presidio Ospedaliero nelle OOSS e Direttore Sanitario, Presidente dell’ASP n°2 di Te, e Direttore Generale ASL di Teramo e Direttrice Sanitaria”.

“Atri invece che fa? Il reparto Covid se lo reimmette dentro, togliendo la UOC di Medicina, Geriatria, Pediatria, Cardiologia ex Utic, Fisiopatologia Respiratoria , EEG etc. In una realtà territoriale, con una popolazione anziana da far paura, che già attende da tre mesi prestazioni abituali, e che nella fattispecie, si troverà ad essere in perfetto rischio di contagio. Molte persone mi hanno telefonato dicendomi che non verranno più ad Atri, vista la situazione della promiscuità in essere. Non sono stato ascoltato, come vedi, io, e non solo io. Speriamo che a voi della CGIL (ovviamente, sperando anche nel Sindacato Confederale alquanto silenti su questi argomenti), ascoltino. Ma non credo avverrà questo dritti sulle loro scelte enza riflettere e senza accettare nessun confronto nemmeno con i lavoratori e le loro rappresentanze. Speriamo che riuscite in questo percorso che condivido pienamente in tutto e per tutto”.

 

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