“C’è stata una prima telefonata fatta da un ragazzo che ha chiesto l’intervento dell’ambulanza per la signora Gabriella – ricostruisce una fonte sanitaria – Abbiamo chiesto, come da prassi, cosa riscontrasse a prima vista nella donna e ha risposto che non la vedeva tanto normale. Abbiamo sentito, in sottofondo, che Gabriella parlava e abbiamo fatto chiedere dal ragazzo se desiderasse l’intervento di un’ambulanza. Gabriella ha risposto che non voleva nessun intervento e che doveva prendere l’autobus per tornare a Giulianova (la telefonata, come tutte quelle che arrivano al 118, è registrata; ndg)”.
“Dopo circa un’ora, siamo stati contattati da un altro cittadino, che aveva però già lasciato la fermata del bus. Ci ha detto che Gabriella ansimava e non rispondeva, a quel punto abbiamo inviata la medicalizzata e c’è stato il successivo trasferimento in ospedale”.
Lasciando per un attimo da parte il caso specifico, c’è da sottolineare che gli operatori del 118 si muovono facendo domande stabilite da protocolli e valutazioni eseguite al momento. Oltre a ciò, chi risponde gestisce anche una serie di chiamate e l’invio di un’ambulanza è sempre una decisione delicata da prendere, perché il mezzo, in quello stesso istante, potrebbe servire di più altrove per un altro intervento. Solo una settimana fa, in ogni caso, il 118 aveva inviato un’ambulanza in centro a Teramo proprio per soccorrere “Kissy” che però, alla vista del mezzo, si era rifiutata di salire (scena ripresa purtroppo, come spesso accade, e postata sui social). “Non possiamo obbligare nessuno ad essere soccorso”, conclude la fonte sanitaria e sono esclusi ovviamente da questa prassi i casi di incoscienza come quella palesato da Gabriella alla seconda telefonata di richiesta di soccorso.