Pescara, via Aldo Moro: dossier sul degrado delle cooperative Aternum

degradoviaaldomoroPescara. Piccole discariche a cielo aperto, grondaie fracassate o asportate, erbacce ad altezza uomo: queste le tipiche e insopportabili condizioni che soffocano la periferica via Aldo Moro, rione popolare delle cooperative Aternum. Le ripetute segnalazioni dei residenti hanno portato Rifondazione Comunista a redigere addirittura un dossier intitolato: “Frammenti di degrado urbano”. Decine le foto che riportano l’abbandono del quartiere alla propria condizione di incuria.

Zona ovest di Pescara, le cooperative Aternum rimangono schiacciate tra i due quartieri “difficili” di San Donato e Fontanelle. Rione di case popolari che fagocita tutte ciò che di negativo si riflette sulle periferie, rigettandole a corto raggio, facendo male più a se stesso che verso l’esterno. Ma non sempre chi ci vive si rassegna a vedere il proprio quartiere andare in pezzi, e molti dei residenti hanno segnalato la situazione che si protrae da lungo tempo, troppo. È stato il consigliere Rc della circoscrizione Porta Nuova William Facchinetti a raccoglierle e ad effettuare un sopralluogo insieme al consigliere comunale Maurizio Acerbo il 27 maggio scorso, del quale è stato prodotto un dossier, correlato di fotografie, che oggi è stato consegnato  al sindaco Luigi Albore Mascia, al presidente della Circoscrizione Piernicola Teodoro e al direttore dell’Ater Giuseppina Di Tella. “Un grido di dolore ed una richiesta di intervento urgente”, lo definisce Facchinetti, “Il breve dossier rappresenta solo una minima parte di tutte le problematiche sollevate dai residenti. Vuole essere un punto di partenza per svegliare l’Amministrazione Comunale di Pescara dal torpore in cui si trova e contemporaneamente per sollecitare tutti gli attori responsabili del decoro e della funzionalità delle strutture di questa parte di città contro l’obsolescenza e l’abbandono dell’area”, si legge nel documento.

 

A parlare sono le immagini per voce propria, ma i problemi maggiormente segnalati sono i mucchi di immondizia e di rifiuti ingombranti rimangono per giorni sui marciapiedi a mò di discarica a cielo aperto; il mancato sfalcio di siepi, erbacce e polloni che crescono alla base degli alberi fino ad altezza uomo, rendendo invivibili i marciapiedi degli unici due vialoni che spaccano a metà il rione: cattivo odore, ostacoli e vetri rotti fanno presagire al pericolo, anche di natura sanitaria. Nel dossier si parla anche degli sportelli che rinchiudono i contatori dell’acqua potabile che serve i palazzoni popolari, “esteticamente inguardabili, pericolosi per i bambini e ricettacolo di sporcizia e insetti di varia natura”; arrugginiti, sfondati, divelti, fanno accadere spesso che “qualche buontempone si diverta a chiudere i rubinetti dei contatori, lasciando senza acqua numerose utenze, costrette a scendere in strada per riaprire l’erogazione dell’acqua potabile”.

 

Sempre a proposito di acqua, in questo caso piovana, si presenta il problema delle grondaie e dei canali di scolo. La fatiscenza parte dall’alto, dove le grondaie che circondano i tetti sono intasate dall’erba cresciuta ad ostruire il normale deflusso. Scendendo in basso, poi, la situazione degenera: i tubi mancano del tutto, le canale “essendo di rame, sono state divelte e illegalmente asportate”, alcune appaiono posizionate malamente, fuori sede, lasciando la vista ad un canale di scarico ostruito dai rifiuti, mentre altre sono state vandalicamente distrutte, rimanendo in frammenti a costituire “un pericolo per la salute dei più piccoli perché totalmente arrugginite e ad altezza d’uomo”.

 

“Nel programma elettorale del centro-destra veniva sottolineata l’attenzione alle periferie. Ci domandiamo a cosa stiano pensando oggi i nostri amministratori, che permettono che un degrado tale sia ancora possibile”, viene richiesto nel dossier dagli esponenti dell’opposizione, “L’auspicio del presente lavoro è che vengano attuati al più presto quegli interventi per restituire decoro, funzionalità e dignità ad una parte tanto importante della comunità pescarese”, concludono Facchinetti e Acerbo.

 

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Daniele Galli


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