Ortona. A quanto è emerso nella prima ricostruzione del delitto, sembra che Francesco Marfisi, il 60enne che ha ucciso la moglie Letizia Primiterra e la sua amica Laura Pezzella a coltellate, accusasse le due donne di avere una storia, ma che la cosa non fosse vera.
Sulla scena del primo delitto era presente anche la figlia della coppia, di 25 anni e pare incinta di cinque mesi: la ragazza avrebbe provato ad opporsi alla furia omicida del padre. Non avrebbe riportato ferite ma è stata comunque trasportata in ospedale per accertamenti.
Letizia Primiterra aveva paura del marito e aveva chiesto aiuto. “C’erano dei segnali gravi. La signora si era rivolta a un servizio sul territorio per segnalare di essere vittima di maltrattamenti. Ora ci sentiamo di esprimere un grande sgomento e dobbiamo capire dove non è stata compresa”.
Così l’avvocato Francesca Di Muzio, presidente di “Donn.è”, Centro antiviolenza di Ortona, parla del duplice omicidio di questo pomeriggio. Al servizio delle vittime di abusi e violenze, l’associazione “Donn.è” ha una sede nel centro di Ortona e dal 2013 uno sportello nell’ospedale “Bernabeo” grazie a un accordo con la Asl. Ma Letizia Primiterra, uccisa dal marito insieme all’amica Laura Pezzella, si era rivolta a un altro dei tanti servizi attivi in città.
“Non l’abbiamo presa in carico direttamente noi, quindi conosco la vicenda per quanto mi è stato riferito – spiega Di Muzio – ma esiste una rete fra le associazioni ed evidentemente in questo caso qualcosa non ha funzionato, specialmente a livello di valutazione del rischio. Dobbiamo ripensare il modo di lavorare, di fare formazione dei nostri operatori. Gli strumenti per prevenire ci sono, ma dobbiamo evidentemente pensare a un’attenzione maggiore.
I casi di violenza non sono semplici. E comunque non esiste il raptus; quello di oggi è l’epilogo tragico di uno schema che si ripete in molti casi di femminicidio”. “Per questa sera abbiamo convocato un direttivo straordinario del nostro centro in città. Poi servirà un tavolo con tutti gli attori istituzionali.
Dobbiamo ripartire alla tragedia di oggi – prosegue Di Muzio – per continuare a lavorare sulla prevenzione della violenza di genere e non sottovalutare le richieste di aiuto”.