A chi non piace fare la scarpetta nel sugo? Ti svelo perché si dice così, scommetto che non lo sai

A chi non piace fare la scarpetta nel sugo? Scopri il curioso motivo dietro questo gesto culinario e lasciati sorprendere dalla sua originale storia.

La tradizione della “scarpetta” è un rituale enogastronomico che incarna l’essenza della cucina italiana: il gesto spontaneo di raccogliere gli ultimi tocchi di condimento nel piatto con un pezzo di pane. È un gesto che va al di là del semplice atto di pulizia: è un’ode al piacere del cibo, una celebrazione informale ma sincera della bontà del pasto appena concluso.

Ecco da dove deriva la parole scarpetta
A chi non piace fare la scarpetta nel sugo? Ti svelo perché si dice così, scommetto che non lo sai-Abruzzo.cityrumors.it

L‘origine di questa pratica affonda le radici nel contesto romano degli anni ’50, sebbene il termine “scarpetta” inizi a guadagnare popolarità solo negli anni ’80, quando l’architetto Fulco Pratesi, famoso per le sue eccentricità, propagandò l’idea di ridurre gli sprechi durante i pasti. Tuttavia, è nei racconti più antichi, come quelli della rivista La Frusta del 1871, che troviamo il germe di questo gesto, incarnato nel personaggio di Gaspero “er gobbo”.

L’origine della scarpetta

Le teorie sull‘origine del termine sono varie e affascinanti: dall’idea che “scarpetta” possa derivare da una pasta a forma concava che facilitava la raccolta del sugo, fino alla suggestione che potesse riferirsi a una scarpa umile, evocando un’azione da “morto di fame”.

Scarpetta ecco cosa devi sapere
Cosa vuol dire “scarpetta”-Abruzzo.cityrumors.it

Altrettanto intrigante è l’ipotesi che “scarpetta” richiami “scarsetta”, una parola del sud Italia che allude alla povertà e alla necessità di non sprecare nulla. L’uso di fare la scarpetta varia notevolmente da regione a regione in Italia: nel nord, ad esempio, si preferisce “pucciare” in Lombardia e Piemonte, mentre nel sud, parole come “abbagnari” e “ammogliare” si fanno strada nel lessico quotidiano.

A Bologna si dice “fare toccino”, a Firenze “fare la carrozzina”, e a Biella “stuiare”.

Nonostante le sue radici popolari, la pratica della scarpetta è accettata anche nei contesti più formali, se eseguita con discrezione e rispetto. Secondo il Galateo, è perfettamente appropriato farla al ristorante, ma con attenzione a non toccare il sugo, utilizzando solo la punta delle dita per maneggiare il pane.

Un’opinione condivisa anche dal maestro chef Gualtiero Marchesi, che ha sottolineato l’importanza di un piatto tornato in cucina pulito con gusto.

In conclusione, la scarpetta è più di un semplice gesto culinario: è un simbolo di convivialità e apprezzamento per il cibo, un legame tra tradizione e gusto che continua a unire gli italiani di tutte le regioni. È una pratica che, pur evolvendosi nel tempo e nello spazio, rimane un’icona della gastronomia italiana, sempre pronta a essere reinterpretata e riscoperta.

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