Previsto dal Governo l’aggiornamento della normativa in tema di residenza fiscale in seno alla Riforma Fiscale: ecco i dettagli.
L’intento principale è quello di uniformare i principi legislativi con l’Unione Europea nonché con l’ordinamento tributario internazionale: ed ecco quindi che il Governo si appresta ad aggiornare la normativa di disciplina della residenza fiscale per allinearsi con i criteri di determinazione dell’autorità di riferimento fiscale in vigore negli altri Paesi membri dell’Unione.
A motivo dell’importanza che le viene attribuita dall’esecutivo, l’aggiornamento della residenza fiscale viene considerato uno dei capisaldi della Riforma Fiscale. Il fine è quello di poter applicare a qualsiasi cittadino la corretta tassazione spettante in base al luogo di residenza, dalla quale dipendono le imposizioni fiscali a cui è chiamato a far fronte in qualità di contribuente.
Dunque allineamento agli standard internazionali, misure di contrasto all’applicazione di doppie imposizioni, inclusione e revisione dei criteri relativi allo smart working (ovvero del lavoro svolto da casa o, più in generale, fuori ufficio): normative che coinvolgono sempre più categorie di mestieri e di professionisti, intesi tanto come persone fisiche quanto come imprese, aziende ed enti.
Come viene stabilita la residenza fiscale dalla normativa attuale
La materia della residenza fiscale è disciplinata dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR): all’articolo 2, infatti, stabilisce che un contribuente viene considerato come fiscalmente residente in Italia quando vi soggiorni per un periodo continuativo o frazionato di almeno 183 giorni nel corso dell’anno solare (o 184 per gli anni bisestili).
Tuttavia, un contribuente può essere considerato fiscalmente residente in Italia anche in mancanza di presenza fisica, qualora il legame stabilito con il Paese includa anche solo uno tra tre specifici elementi: ovvero la residenza in Italia come dimora abituale; il domicilio in Italia; e l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente in un Comune italiano.
Questi elementi, o parametri, continueranno con ogni probabilità a rimanere validi ed invariati per la condizione dello smart working, come confermato anche dall’Agenzia delle Entrate attraverso il parere espresso ufficialmente con la circolare numero 25/E dello scorso 18 Agosto, esprimendo in tema di smart working che “continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 2 del TUIR e, al riguardo, nessuna valenza rettificativa va ascritta alla modalità con la quale viene prestata l’attività lavorativa”.