L’Italia deve fare per forza i conti con la prospettiva di una riforma delle pensioni: in arrivo una nuova flessibilità dei 64 ai 72 anni.
Invecchiamento della popolazione, sistema contributivo in affanno (le uscite per l’INPS sono sempre più alte delle entrate, nonostante il costo elevato dei contributi), aumento dell’aspettativa di vita e cambiamenti nel mercato del lavoro impongono al Paese una seria riforma del sistema previdenziale. Mancano però i fondi e, forse, mancano anche le idee. Il Governo, che prima di insediarsi aveva prodotto l’abbattimento della Legge Fornero, non è riuscito a proporre soluzioni sostenibili.
Nel 2025, però, potrebbe arrivare la tanto attesa riforma delle pensioni, sperando che sia mirata a garantire una distribuzione più equa delle risorse e che non porti troppo in là in requisiti per uscire dal lavoro. A oggi, le pensioni di vecchiaia in Italia si ottengono a 67 anni con almeno 20 anni di contributi. Con il sistema contributivo puro, invece, la pensione di vecchiaia si centra con 71 anni di età e almeno 5 anni di contributi.
E per il futuro prossimo è già previsto l’aumento dell’età pensionabile. La paura è che la soglia minima anagrafica possa approssimarsi sempre di più ai 70 anni. Eppure c’è chi parla di nuove pensioni più flessibili, con uscite dai 64 ai 72 anni. Qualche novità nel 2025 ci sarà per forza. Lo ha annunciato il presidente della commissione Finanze in Senato Massimo Garavaglia.
Pensioni flessibili dai 64 ai 72 anni: il progetto
Il progetto dichiarato è quello di superare la Legge Fornero. Cioè di permettere ai futuri pensionati di uscire un po’ prima del previsto senza subire alcuna penalizzazione. Quindi l’età pensionabile potrebbe scendere (e senza intaccare i conti dello Stato). Ma come? Questo non è chiaro, ma qualche indizio è stato fornito da Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali.
Sulla rivista del Centro Studi Itinerari Previdenziali è comparso un articolo firmato da Brambilla che propone l’innalzamento del requisito contributivo minimo per le pensioni di vecchiaia. Aumentando i contributi minimi a 25 anni, secondo Brambilla, la carriera minima per andare in pensione con la vecchiaia scenderà, o comunque non supererà la soglia attuale, quella dei 67 anni.
C’è poi l’idea di introdurre una nuova flessibilità: si tratterebbe di permettere alla fascia che va dai 64 ai 72 anni di accedere subito alle pensioni. Con penalizzazioni soltanto per chi esce dal lavoro prima dei 67 anni. Non è detto che il Governo segua la linea indicata da Brambilla. Ma di certo anche l’esecutivo, proprio come Brambilla, punta a rivedere i coefficienti di trasformazione rispetto agli attuali 16.
Non si sa nemmeno di quali novità stia parlando Garavaglia. Qualcuno suggerisce possa trattarsi di un’estensione di Quota 41. Un allargamento per tutti del privilegio di uscita anticipata ma con penalizzazione, cioè con calcolo puramente contributivo e mai più retributivo.