Il vecchio gestore di luce e gas può farci pagare una penale se cambiamo? Ecco cosa succederà col passaggio al mercato libero dell’energia.
Come noto è imminente il passaggio obbligatorio dal mercato tutelato per luce e gas a quello libero. Le principali differenze stanno nel fatto che nel mercato tutelato le tariffe sono uguali per tutte (a fissare prezzi e condizioni di luce e gas è Arera, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente che aggiorna ogni mese le tariffe per il gas e ogni tre mesi per l’energia elettrica).
Sul mercato libero invece è il fornitore a definire liberamente le tariffe e il cliente negozia con lui per avere potenzialmente la migliore tariffa all’interno di un paniere di offerte. Sul punto è già scoppiata una polemica politica che ha visto la leader del Pd Elly Schlein parlare di una occulta “tassa Meloni” sotto la forma dei rincari per le famiglie italiane che scatteranno col passaggio al mercato libero (quindi concorrenziale).
Secondo alcune stime la differenza di prezzo tra mercato tutelato e quello libero sarà minima nel campo della luce e più sensibile invece per il gas (si parla di tariffe più alte di 20 euro al mese e anche più).
Il vecchio gestore di luce e gas può far pagare una penale a chi cambia contratto?
C’è pure chi si preoccupa della possibilità che il consumatore, obbligato a passare al mercato libero, non possa poi recedere liberamente e in qualsiasi momento dal contratto sottoscritto. Col rischio di dover pagare delle penali.
Come stanno le cose? La risposta in punta di diritto l’ha fornita la stessa Area, replicando alla lettera di un consumatore fatta pervenire a Repubblica e nella quale si chiedevano lumi al riguardo. Solitamente il recesso da un contratto non ha costi di alcun genere per il cliente, ricorda Arera.
Una eccezione in questo senso, aggiunge Arera, possono essere i contratti per la fornitura di energia elettrica che «prevedono un prezzo fisso e la durata del prezzo o del contratto per un tempo determinato». Effettivamente «questi contratti possono infatti prevedere il pagamento di una somma onere da parte del cliente se questi esercita il recesso prima del termine di durata del contratto o del prezzo (recesso anticipato)».
Oneri per il recesso anticipato, come vanno indicati
Tuttavia è importante sapere due cose, ovvero che l‘importo massimo dell’onere da sostenere per il recesso anticipato va indicato chiaramente nel contratto – anche perché in fase di applicazione la somma di denaro richiesta potrebbe essere ridotta – e che serve l’approvazione e la sottoscrizione specifica da parte del cliente.
Inoltre l’onere, continua Arera, va indicato «nel riquadro “Modalità e oneri per il recesso” della Scheda sintetica, che riassume le caratteristiche dell’offerta. In caso di recesso per cambio fornitore, eventuali costi sono connessi alla sottoscrizione del nuovo contratto con il venditore entrante (bollo e deposito cauzionale o altra garanzia)».
Inoltre c’è da sapere, spiega sempre Arera, che «i venditori hanno l’obbligo di garantire il rispetto delle previsioni in materia di tutela precontrattuale e contrattuale del cliente finale (articolo 7, comma 5, del d.lgs. 210/21)». Questo significa che «pur restando la possibilità di fissare un onere per l’uscita anticipata del cliente, questa somma deve essere proporzionata e non può eccedere la perdita economica direttamente subita dal fornitore o dal partecipante al mercato coinvolto in un’aggregazione a seguito dello scioglimento anticipato del contratto, ivi compresi i costi legati a eventuali pacchetti di investimenti o servizi già forniti al cliente nell’ambito del contratto». In conclusione, «l’onere di provare l’esistenza e l’entità di tale perdita economica diretta grava sul fornitore».