Brutte notizie per milioni di lavoratori: addio alle pensioni a 62 anni. Vediamo che cosa cambierà a partire dal prossimo anno.
La manovra di Bilancio 2025 sarà fortemente condizionata da due fattori: la mancanza di risorse finanziarie e l’impossibilità di fare ulteriore debito. L’Unione europea ha già avviato la procedura per infrazione contro l’Italia e il Governo di Giorgia Meloni non può più sgarrare: deve farsi bastare 20 miliardi di euro per tutto.
In gioco ci sono le pensioni ma anche le aliquote Irpef, il taglio del cuneo fiscale, la scuola, la sanità. L’Opposizione, con in testa Elly Schlein, chiedono che l’Esecutivo destini alla spesa sanitaria non meno di 4 miliardi. Il Governo, per il momento, può destinarne appena 2 ma il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sta lavorando per aumentare la spesa a favore della sanità nei prossimi anni.
Per rimpinguare le casse dello Stato qualche taglio sarà inevitabile e il terreno che verrà maggiormente penalizzato sarà quello previdenziale. Dal prossimo anno alcune misure di pensione anticipata potrebbero scomparire e anche la rivalutazione degli assegni Inps sarà più bassa del previsto.
Pensioni: cosa cambierà da gennaio 2025
Siamo tutti in fervente attesa di capire cosa cambierà il prossimo anno in termini di tasse e di pensioni. Il Governo di Giorgia Meloni, avendo a disposizione pochissimi risorse, sarà obbligato a penalizzare alcuni settori piuttosto che altri. A rimetterci saranno i lavoratori che speravano di accedere alla pensione con qualche anno di anticipo.
Il Governo è stato chiaro: il taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35.000 euro lordi all’anno non si tocca. Ma solo questa misura costerà allo Stato 10 miliardi di euro. Si proseguirà anche con le tre aliquote Irpef e non si escludono ulteriori vantaggi fiscali per le fasce reddituali medio-alte.
Queste fuoriuscite dalle casse statali dovranno, in qualche modo, essere compensate. L’ipotesi più avvalorata è che il Governo cancellerà almeno un paio di misure di pensione anticipata. Le più a rischio sono Quota 103 e Opzione donna. Quota 103 consente di accedere alla pensione a 62 anni con almeno 41 anni di contributi e si rivolge a tutte le categorie lavorative.
Opzione donna, invece, come suggerisce il nome stesso, si rivolge solo alla platea femminile e non a tutta ma solo a: caregiver, disabili con invalidità pari o superiore al 74%, disoccupate o dipendenti di aziende in crisi. Con Opzione donna si può uscire dal lavoro a 61 anni – 60 per le donne con un figli, 59 per le madri di due o più figli – con almeno 35 anni di contribuzione.
Entrambe le misure di pensione anticipata comportano il ricalcolo contributivo dell’assegno previdenziale ma, nonostante questa forte penalizzazione, pesano ancora troppo sulle casse dello Stato e, dunque, è altamente probabile che non le ritroveremo nel 2025.