Che cosa rivoluziona questa sentenza della cassazione? Scopriamo tutto nel dettaglio e perché è così importante.
La Corte Costituzionale ha appena fatto un grande regalo ai conviventi di fatto con la sentenza 148 del 2024! Adesso, anche chi vive in una relazione stabile ma non è sposato può essere considerato ufficialmente familiare, con tutti i diritti e le tutele del caso.
Fino a oggi, l’articolo 230-bis, comma 3, del Codice civile teneva i conviventi di fatto fuori dalla definizione di familiare, limitandola solo ai coniugi, parenti fino al terzo grado e affini fino al secondo grado. La Corte ha detto basta a questa esclusione, dichiarandola incostituzionale e accogliendo i conviventi di fatto nel club dei familiari a tutti gli effetti.
Inoltre, anche l’articolo 230-ter, aggiornato dalla legge Cirinnà del 2016, ha ricevuto una bella sistemata, garantendo ai conviventi di fatto la stessa protezione giuridica degli altri familiari. Insomma, un bel passo avanti verso una giustizia più inclusiva e moderna!
Il Ruolo del convivente nella coppia
Secondo la legge Cirinnà, i “conviventi di fatto” sono due persone adulte unite da un legame affettivo stabile e reciproco, con assistenza morale e materiale. Con la nuova decisione della Corte, la protezione legale per queste persone si amplia significativamente, riconoscendole come familiari a tutti gli effetti e concedendo loro gli stessi diritti legali degli altri familiari.
La questione dei diritti dei conviventi è diventata caldissima dopo che una donna ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione. Alla morte del suo compagno, lei chiedeva di avere una parte della liquidazione per il lavoro che aveva svolto in un’impresa agricola di famiglia.
Il Tribunale aveva detto di no, sostenendo che i conviventi non sono considerati familiari secondo la legge. Anche la Corte d’Appello le aveva dato torto. Quando il caso è arrivato alla Corte di Cassazione, i giudici hanno sollevato dubbi sulla costituzionalità delle norme riguardanti le imprese familiari.
Hanno fatto notare che la legge andrebbe aggiornata per riflettere i cambiamenti sociali e le nuove interpretazioni giuridiche, inclusi i diritti dei conviventi riconosciuti a livello europeo.
La Corte Costituzionale ha dato ragione alla donna, affermando che in una società moderna, i diritti delle famiglie di conviventi devono essere paragonabili a quelli delle famiglie sposate. Anche se ci sono delle differenze, tutti devono avere accesso ai diritti fondamentali, come il diritto al lavoro e a una retribuzione equa, senza discriminazioni.
In particolare, all’interno di un’impresa familiare, anche il convivente di fatto deve ricevere la stessa protezione giuridica garantita al coniuge, evitando sfruttamenti senza adeguata compensazione. La Corte Costituzionale ha chiarito che l’esclusione del convivente di fatto dalle imprese familiari è irragionevole e non rispecchia la dignità del lavoro svolto, né a livello individuale né all’interno della comunità familiare.
I giudici hanno evidenziato che, mentre l’impresa coniugale riguarda il regime patrimoniale dei beni tra i coniugi, l’impresa familiare si concentra sulla protezione del lavoro svolto all’interno della famiglia come una forma intermedia tra lavoro subordinato e lavoro gratuito, fatto per affetto o benevolenza.
I giudici hanno osservato che, in contesti di lavoro familiare, la difficoltà di dimostrare la subordinazione spesso porta a considerare tale lavoro come gratuito, senza adeguata protezione legale.