La Legge 104 prevede anche i congedi parentali per coloro che assistono i disabili: ecco una pronuncia della Cassazione che cambia tutto.
Una pronuncia giurisprudenziale che cambia radicalmente il mondo del welfare italiano. Questa sentenza, infatti, va a incidere su uno dei pilastri della solidarietà del nostro Paese: la Legge 104 e, in particolare, i congedi per assistere i disabili. Tutti i dettagli su quanto deciso dai giudici.
La Legge 104 tutela le persone considerate disabili, ossia se presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, sia stabilizzata che progressiva, che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, determinando un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
La legge dà diversi benefici alle persone in questa condizione, nonché ai caregiver, coloro, cioè, che si prendono cura del disabile. Il legislatore non ha imposto restrizioni riguardo al luogo in cui deve essere prestata l’assistenza al disabile. Questo può avvenire ovunque, purché funzionale al miglioramento delle condizioni di salute biopsichiche del disabile. Tuttavia, se viene meno il nesso causale tra l’assenza dal lavoro e l’assistenza, si configura un uso improprio o un abuso del diritto, oltre che una violazione dei doveri di correttezza e buona fede nei confronti del datore di lavoro e dell’ente.
Un caso significativo è rappresentato dalla sentenza n. 29062 del 5 dicembre 2017 della Sezione Lavoro della Cassazione. Si tratta di una pronuncia che cambia tutto. Analizziamo cosa hanno deciso i Supremi Giudici.
La sentenza della Cassazione
Un lavoratore, beneficiario del congedo biennale per assistere la madre malata di Alzheimer, era stato licenziato perché l’azienda, tramite un investigatore privato, aveva scoperto che non era presente nella casa della madre durante il giorno. Da qui l’inevitabile ricorso dello stesso, che è arrivato fino all’ultimo grado di giudizio per far valere i propri diritti.
E così, la Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, stabilendo che la sua assenza non era sufficiente a confermare l’accusa di abuso del congedo, poiché beneficiava del congedo per assistenza come dimostrato dalla certificazione medica specialistica.
La madre soffriva di insonnia notturna e tendenze alla fuga, richiedendo quindi la presenza notturna del figlio per sorvegliarla. La sentenza ha chiarito che l’assistenza al disabile non deve essere così esclusiva da impedire al caregiver di avere tempo per le proprie necessità personali e familiari, nonché per il riposo e il recupero delle energie psico-fisiche.
Il comportamento del lavoratore, pur assente durante il giorno, era compatibile con le finalità dell’assistenza richiesta, e pertanto non ha avuto rilevanza disciplinare.