Anticipo del TFR l’azienda può negarlo? I casi in cui si potrebbe verificare

L’azienda è sempre tenuta ad anticipare il TFR al dipendente che ne fa richiesta? In realtà no: ecco quando può negarcelo.

Il TFR, ovvero trattamento di fine rapporto, è una forma di retribuzione differita. Spetta al lavoratore al termine del rapporto lavorativo, ossia quando è stato licenziato, si è dimesso, ha risolto consensualmente il contratto o quando è andato in pensione. In alcuni casi però il dipendente può ottenere un anticipo del TFR.

Quando il datore di lavoro può negare il TFR anticipato
In alcuni casi il datore di lavoro può negarci l’anticipo di TFR – abruzzo.cityrumors.it

Secondo il Codice civile può chiedere il TFR anticipato un lavoratore che da almeno otto anni presta servizio presso lo stesso datore di lavoro. Il dipendente può chiedere un’anticipazione fino al 70% del TFR maturato fino a quel momento.

Sempre la legge prevede che la richiesta di farsi anticipare il TFR debba essere motivata da parte del lavoratore sulla base di specifiche necessità. La domanda è: in quali casi l’azienda può negare al lavoratore l’anticipazione del trattamento di fine rapporto? È quello che cercheremo di capire.

Anticipo TFR, i casi in cui l’azienda può negarlo

Come anticipato il lavoratore deve giustificare la richiesta di un anticipo del TFR sulla base di necessità specifiche come una spesa sanitaria (per terapie e interventi straordinari riconosciuti da una struttura pubblica) o l’acquisto della prima casa per sé o per i figli.  Inoltre la legge richiede che le spese sanitarie e l’acquisto della prima casa siano documentate e comprovate.

Casi di rifiuto dell'anticipo TFR
Ecco quando il datore di lavoro può negarci il TFR anticipato – abruzzo.cityrumors.it

Nel primo caso (spese sanitarie) occorrerà produrre una documentazione rilasciata da una struttura pubblica, nel secondo (acquisto prima casa) servirà invece la documentazione notarile. Senza questa documentazione l’azienda può rigettare la richiesta. Bisogna anche sapere che il datore di lavoro deve sì soddisfare le richieste di anticipo del TFR, ma non in maniera illimitata.

Non potrà superare in un anno il 10% dei lavoratori aventi diritto e il 4% del totale dei dipendenti. Il che significa che il datore di lavoro seguirà un ordine di priorità se dovesse ricevere molteplici richieste. Cosa determina l’ordine di priorità? È presto detto: contratti collettivi o accordi individuali, che possono anche prevedere condizioni di miglior favore rispetto alla normativa generale.

Oltre alla mancanza di una documentazione adeguata e al superamento dei limiti annuali posti dalla legge, c’è un altro motivo legittimo di rifiuto del TFR anticipato. In assenza di condizioni di miglior favore previste da contratti collettivi o accordi individuali, il datore di lavoro potrà limitarsi allo stretto rispetto dei limiti di legge.

Infine può verificarsi il caso di un’incapienza del Fondo di Tesoreria INPS. Se l’importo totale degli anticipi TFR eccede l’ammontare dei contributi – ovvero le quote TFR maturate da ogni dipendente e non destinate alle pensioni complementari – che ogni impresa con più di 50 dipendenti deve versare ogni mese al Fondo di Tesoreria, il datore di lavoro potrà lecitamente negare l’anticipo finché non si risolverà l’incapienza.

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