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Montepulciano d’Abruzzo: un vitigno poliedrico

Chiariamo una volta per tutte la differenza tra il montepulciano d’Abruzzo ed il Nobile di Montepulciano:

il primo è un vitigno originario della valle peligna (AQ) e della zona di Torre de Passeri (PE) di cui il noto poeta e letterato romano Ovidio (originario di Sulmona) parlava nei suoi scritti già nel 20 a.c. , mentre il secondo non è un vitigno ma una denominazione (relativa alla località Montepulciano in provincia di Siena) data ad un vino frutto di un vitigno dalle caratteristiche nettamente diverse dal montepulciano d’abruzzo cioè il sangiovese di Toscana in loco chiamato prugnolo gentile; questo perchè in Toscana hanno etichettato i vini in base alla località usando lo stesso vitigno (Bolgheri a parte) e da qui ecco i vari Chianti, Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino, Morellino di Scansano,ecc!

Il montepulciano d’Abruzzo è un vitigno di qualità e quantità di cui, fino a 30 anni fa, si valutava solo il secondo aspetto arrivando a produrre anche 180-200 quintali per ettaro di uva poi si è capito che calando a 90-100 quintali si sarebbero prodotti vini di eccelsa qualità.

Si adatta a molti tipi di terroir (composizione del suolo e tipologia di agenti atmosferici di un luogo) conservando la caratteristica di avere tannini fitti e morbidi (quindi un vino corposo e poco astringente) ma acquisisce “sfumature” diverse a seconda della zona di coltura quindi in zone fredde come l’aquilano avremo vini meno “corposi” e più complessi a livello aromatico (stile pinot nero per capirci); al contrario, in zone calde avremo un vino corposo con un alto grado alcolico ma meno complesso con la ciliegia matura a dominare.

Interessanti, sono quelle zone di confine cioè calde di giorno e fredde di notte con una escursione termica notturna di almeno 12-15 gradi e con un sottosuolo drenante (dati i recenti mutamenti climatici); qui è possibile produrre vini interessanti!

Da ciò è nata l’idea di svolgere una degustazione di montepulciano d’abruzzo diversi per terroir e tecnica di vinificazione abbinandoli alla tipica cucina teramana, altra grande risorsa d’Abruzzo, riveduta e corretta dallo chef Gianfranco Verdecchia di Alba Adriatica; per dimostrare la poliedricità del vitigno, sarebbe bastato scegliere vini delle diverse province d’Abruzzo ma, durante un allenamento in mountain bike nelle campagne e vigneti di Controguerra-est, ho scoperto un terroir (porzione di vigneto con una determinata composizione del suolo ed agenti atmosferici) interessantissimo con bella pendenza e drenaggio del suolo e sottosuolo (nonostante al mattino ci fosse stata pioggia non si era formato quel fango che blocca le ruote della bici) ed una corrente da nord-est proveniente dalla parte nord di Colonnella garanzia di pulizia delle vigne da umidità ed insetti non graditi!

Ho alzato lo sguardo ed ho letto un cartello con la scritta: VINI MONTI! Il giorno dopo, tornatoci in auto, mi presento alla proprietaria Signora Emilia, alla “vulcanica e sorridente ” Antonella ed a Jacopo, giovane promoter ma anche tuttofare dell’azienda per assaggiare i loro rossi; la conferma di aver trovato 3 montepulciano d’abruzzo DIVERSI pur provenienti dalla stessa azienda, non tarda ad arrivare nella mia testa!

In 23 ci siamo presentati presso il ristorante “Da Gianfranco”  ad Alba Adriatica  per una serata tutta Teramana con un piacevole “intruso” chietino! Si è iniziato con l’antipasto di prosciutto di Torano, pecorino abruzzese, formaggio fritto e fegatini di agnello a cui abbiamo abbinato il montepulciano Voluptas dell’azienda Monti di Controguerra, un vino che non fa legno e svolge una vinificazione molto tradizionale per preservare gli aromi primari quindi un bel frutto, un vino ideale per iniziare; pur costando in enoteca solo 8 euro è un DOCG, disciplinare con notevoli restrizioni in fase produttiva a tutela dei consumatori.

Per il bis di primi costituito dal tandem timballo della tradizione (stratosferico) e chitarra alla teramana, ho proposto l’MKP sempre di Monti, un vino senza solfiti aggiunti dell’annata 2017; per senza solfiti aggiunti si intende il mancato utilizzo di anidride solforosa in cantina durante la fermentazione (per scongiurare ossidazioni) ma per poter far ciò occorre metodo, pazienza e soprattutto un’uva integra di annate perfette in cui non si siano sviluppate muffe in vigna!

L’obiettivo di un senza solfiti aggiunti non è far campare di più i degustatori ma offrire una maggiore pulizia nel gusto cioè gustare il frutto senza altri odori più o meno gradevoli ad interferire! Purtroppo quelli da me assaggiati in precedenza si erano dimostrati carenti in struttura ma l’MKP una volta versato nel calice ha mostrato subito i muscoli con un rosso scuro ed un bordo rosso rubino bellissimi; la netta percezione al naso del “frutto” è si è confermata in bocca con una lunghezza gustativa degna del miglior barricato …..quale non è! Un plebiscito di consensi dei 23 degustatori lo ha eletto vino della serata; il prezzo di 16 euro in enoteca permette l’accesso in una valle dei sensi da cui non si vorrebbe più andar via!

Il nome MKP è stato un atto dovuto al suo ideatore, Mirko Pierpaolo Papiri poeta per diletto e vignaiolo per passione, purtroppo prematuramente scomparso 3 anni fa. Come dicevano i poeti del Romanticismo, ognuno di noi dovrebbe lasciare una traccia del proprio vissuto…….bè, Mirko l’ha lasciata bella grossa!

Non poteva mancare lo spezzatino di castrato in umido con le verdure di stagione interpretato da chi ha unito il sapere culinario della vecchia generazione (Gualtiero Marchesi) e di quella nuova (Antonino Cannavacciuolo) con un pizzico di personalità abruzzese: Gianfranco Verdecchia, un “omone” che quando crea in cucina non usa la bacchetta magica ma anni ed anni di esperienza acquisita “errando” (andando allo sbaraglio) qua e la ma, si sa, chi non “erra” NON SCOPRE e non innova!

All’agnello andava abbinato un vino muscoloso adatto a bilanciarne la grassezza ed il sapore quindi si è scelto il Pignotto in vendemmia 2010, storica riserva della casa e recente vincitore della medaglia d’oro al VinItaly; un vino robusto affinato in barrique acquistabile a 20 euro in enoteca.

Con l’insostituibile torta casereccia (la pizza dogg) come dessert, ho abbinato un montepulciano “atipico”, ricco di zuccheri da vendemmia tardiva, senza legno e con un’astringenza accettabile: il Di Sipio 5 prodotto dall’azienda Nicola Di Sipio di Ripa Teatina (CH) . Questo vino viene prodotto con un’uva raccolta a fine ottobre quindi si capisce come sia forte, integra, con una buccia spessa in grado di resistere ai parassiti ed alle intemperie di inizio autunno; il mosto viene fatto fermentare lungamente solo con i lieviti contenuti nella sua buccia  e poi subisce un lungo affinamento SOLO in bottiglia (l’annata corrente è 2009) per avere un vino dal costo di ben 59 euro in enoteca ma particolare.

Oltre ad aver mangiato e bevuto bene, abbiamo degustato quattro vini diversi come gusto ma prodotti con lo stesso vitigno e questo ci fa rendere conto dell’importanza della risorsa montepulciano d’Abruzzo.

Arrivederci alla prossima degustazione ovvero la prima tappa del GIRO D’ITALIA ENOGASTRONOMICO!

Stefano Grilli – enoteca Saraullo Tortoreto tel 0861787751

Vuoi partecipare alle prossime degustazioni alla cieca?? Whatsappare al 333.6441563