“Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano”. La frase di Gramsci scelta in apertura della raccolta chiarisce bene a chi sono dedicati i 400 “Ruggiti” di Leo Nodari, oggi raccolti in due volumi .
Le elezioni a Teramo e in Abruzzo. La pandemia che inizia e terrorizza. Il lavoro e la passione civile che mancano. I problemi dalla sanità. I volti del razzismo . I cialtroni, i privilegiati, i servi, i pagani con la berretta rossa. I collusi e i complici. L’ambiente violentato. La mafia e quelli che non vedono, non sentono e non parlano. Riflessioni religiose e politiche e tanto altro ancora. Dal 1 maggio 2018 all’ottobre 2020 Leo Nodari ha scritto 400 articoli raccolti in una rubrica indipendente denominata “il Ruggito”, pubblicati sul quotidiano online “Certastampa.it”. Oggi questi articoli vengono raccolti in 2 libri che l’Autore dedica “…a chi non ci crede più. A chi si alza ogni mattina senza una vera ragione. A chi non conosce passione e amore A chi non è libero. A tutti coloro a cui vorrei cantare la canzone “La verità” di Brunori sas “. Il cantautore calabrese Dario Brunori nella sua canzone “Premio Ciak” 2020 “La verità” canta “Te ne sei accorto, sì? Che parti per scalare le montagne. E poi ti fermi al primo ristorante. E non ci pensi più. Te ne sei accorto, sì? Che tutto questo rischio calcolato toglie il sapore pure al cioccolato. E non ti basta più. Te ne sei accorto o no? Che non c’hai più le palle per rischiare di diventare quello che ti pare. E non ci credi più.”.
Come dice l’Autore “Gli articoli sono stati raccolti in 2 volumi perché Un branco di cani senza padrone fanno finta di non vedere, fanno finta di non sapere”. Con Papini si potrebbe dunque dire che i 2 volumi nascono per esperire la “cura dell’anima” intesa come la capacità di prendersi a cuore, di curare quella parte pubblica e privata più autentica e profonda che necessita di manifestazione; la raccolta è la possibilità che l’Autore da ai lettori di darsi un’opportunità di superare indifferenza, disagi, sofferenze, scoprendo delle risorse e delle potenzialità nuove da esprimere e da condividere; la raccolta di Nodari è attenzione verso se stessi e all’altro, è ascolto, accoglienza e accettazione esplicitati attraverso articoli in cui il colloquio e la relazione in cui il fare si coniuga con l’essere. Nei volumi, gli articoli – belli e brutti più o meno letti – seguono l’ordine progressivo di pubblicazione, per offrire al lettore la possibilità di comprendere meglio il pensiero dell’Autore. Perché gli articoli sono ‘cammini’ diversi che hanno sempre a che fare con la crescita interiore, l’espansione di coscienza e la responsabilità personale. Tutto il materiale inserito è arteducativa, la cui funzione è di attivare nei lettori percorsi di rinascita e che confida fortemente nella bellezza e nella consapevolezza. Nel rispetto dei tempi e delle modalità di espressione personali, dei sogni e delle esperienze di vita. La lettura lascia spazio all’indagine dei desideri e dei timori. È per mezzo di queste storie l’Autore introduce e indaga temi che, lungi dall’esaurirsi nel tempo ci sanno ancora parlare della società in cui tuttora viviamo, pensando che tutto ciò che non è raccontato è perduto, e che quindi per vivere bisogna davvero narrare quanto più si può, e per farlo bisogna o vivere in modo pulito, chiaro, a fronte alta.
Ma, mentre i più scrivono, raccontano, fotografano, selfieggiano seguendo la psicologia moderna piegata alle logiche dei social network, mentre i più fotografano o raccontano un evento con il fine di condividerlo con chi segue, e lo condividono con lo scopo narcisistico di mostrare una vita bella, appetibile, piena di eventi eccezionali e di esperienze invidiabili rispecchiandosi sulla superficie ambigua di Instagram, permettendo di proiettare un’immagine mediata dall’idea che ognuno vuole dare di sé stesso , l’Autore dice chiaramente – e lo ripete più volte – che lui scrive per se stesso, per un “suo bisogno”, per “mettersi alla prova”, per dire “delle cose” a se stesso. Mai per gli altri.
Possiamo dire che questi due volumi sono una “memoria” di una parte della vita pubblica che l’Autore ha conservato in questo “cellulare” che è stato il “Ruggito”, e acquistato l’irrevocabilità di ciò che è stato e non può esser più messo in dubbio. Tante “foto” in forma di articoli scattate in 30 mesi che hanno raccontato episodi di vita di una comunità e dell’Autore stesso – che ne è ben consapevole – è riuscito a catturare in queste 1000 pagine solo una parte infinitesimale di ciò che compone l’intera sua esperienza. L’immagine raccolta restituisce un solo lato – quella di giornalista – di un poliedro le cui facce sono poliedriche. Non è soltanto una scelta ad horas, la sua; è una scelta di vita. Che porta a non escludere i contrasti, la denuncia, i nodi delle contraddizioni, le grandi tensioni della volontà, della passione, dell’avversione. Ogni articolo permette di cristallizzare momenti che altrimenti rimarrebbero soggetti alla fragilità e all’insicurezza ombrosa dei ricordi e rende eterno ciò che invece sarebbe oggetto di riletture successive o dell’oblio svolgendo un ruolo fondamentale nel plasmare l’identità di una comunità. Così come le emozioni, hanno un ruolo fondamentale nella memoria ponendo quindi una questione fondamentale: i ricordi appartengono al tempo e come il tempo sfuggono, gravitano, si moltiplicano in continuazione. La memoria, non è un registratore fedele della realtà e dell’identità, ma è una sua interpretazione sempre in evoluzione, sottoposta a trasformazioni continue. “La realtà raccontata assume subito un carattere nostalgico, di gioia fuggita sull’alta del tempo. La vita che vivete per raccontarla è già in partenza commemorazione di sé stessa”. E se la commemorazione è celebrativa, solenne, univoca, la memoria deve essere labile, incerta, sfuggente. L’Autore lo ha capito, e forse oggi dovremmo ascoltarlo, per ritrovare un contatto con il mondo che ci circonda. “Te ne sei accorto o no? Che non c’hai più le palle per rischiare di diventare quello che ti pare. E non ci credi più” . No. Non tutti siamo in grado di accorgercene. Il che rende ancora più importante questa raccolta di articoli che – come ci dice in chiusura l’autore – servono a lui, e a tutti, per ricordare, “che le luci non vengono spente se non lo dico io”.
Andrea Romano