Ferrari di Micheal Mann è un film che in molti attendevano nelle grandi sale cinematografiche del nostro paese. Oltre ad Adam Driver però nel cast c’erano anche diversi italiani, tra cui Andrea Bruschi.
Abbiamo avuto il piacere di parlare con un attore preparato che ha in serbo anche altri progetti davvero molto importanti per la sua carriera.
Vi lasciamo alle sue parole.
Ferrari che esperienza è stata?
Ferrari è stata una grandissima esperienza sia umana che artistica. Nel percorso di un attore di cinema avere la possibilità di lavorare con un regista del calibro di Michael Mann è il massimo da ogni punto di vista. Per me Michael Mann è il cinema. Il film è stato preparato con una minuzia straordinaria e ogni attore è stato messo in grado di dare il meglio da ogni punto di vista.
Con questo film hai avuto modo di confrontarti con un grande regista come Michael Mann, cosa ci puoi dire sul suo cinema?
Il cinema di Michael Mann è stato molto importante per la mia formazione artistica così come la sua serie Tv Miami Vice. Il primo film che ho visto e che credo contenga già tutta la sua poetica è stato Thief in Italia uscito col nome di Strade Violente. Lo vidi da giovanissimo è mi colpi molto sia per l’estetica di una Los Angeles notturna tra luci al neon e strade deserte (Tarantino non a caso dice che esiste un prima e un dopo questo film proprio per l’impatto che ha avuto sul cinema americano) e per i contenuti e i dialoghi che sono eccezionali. Proprio come in Ferrari quello che interessa credo sia il racconto interiore dei personaggi e le loro dinamiche nell’affrontare la vita.
Sul set quanto hai respirato l’importanza di un brand italiano che è arrivato in tutto il mondo?
Il set è stato fantastico cosi come tutta la preparazione. Per esempio abbiamo fatto una lettura del copione tutti insieme cast e regista in modo che ogni interprete potesse calarsi esattamente nel film. Io ho avuto un vero prete che mi ha fatto da coach per mettermi in grado di dire messa in latino come si diceva nel 1957. Quando abbiamo girato a Modena abbiamo respirato l’importanza di Ferrari e come la città fosse entusiasta di questo evento inoltre nella preparazione del film si sentiva il rispetto profondo che Michael Mann ha per la storia che stava andando a raccontare, più che al brand credo proprio che sia appassionato alla storia di questo uomo e hai suoi risvolti psicologici. Credo che questo sia la forza del film.
Che ne pensi della polemica di Favino che ha specificato come avrebbe gradito vedere un italiano a interpretare Enzo Ferrari?
La polemica nata in Italia mi è dispiaciuta. Nel senso che Favino giustamente auspicava che ci fosse una maggiore possibilità da parte di attori italiani di essere considerati come protagonisti di storie prodotte da cinematografie straniere nel nostro paese. Non ci trovo niente di male e mi trovo in sintonia. Poi è un discorso artistico e non solo se recitare in inglese o in italiano in un film per tutto il mondo come Ferrari. Detto questo quello che ho trovato ingiusto è che Michael Mann ha dato la possibilità a vari attori e attrici italiane di avere bellissimi ruoli in questo film, cosa non comune e scontata e non c’è stato un solo articolo sul cast italiano del film. Tra l’altro cosa estremamente positiva non ci sono le solite facce note ma un cast di attrici e attori davvero straordinari scelti da un maestro del cinema. Non c’è stata nessuna informazione su questo ma invece si è preferito cavalcare la polemica strumentalizzata invece che far risaltare qualcosa di positivo.
Parlaci del tuo ruolo…
Nel film interpreto il sacerdote della chiesa di San Pietro Apostolo a Modena dove all’epoca si tenevano le messe per i meccanici della Ferrari. Nell’omelia rivolgendomi a loro dico che se Gesù vivesse ai nostri tempi in una città come Modena non farebbe il falegname ma il metalmeccanico. È proprio grazie alla loro capacità di forgiare e modellare il metallo che si crea un motore in grado di spingerci veloci nel mondo. Tutto questo mentre il Drake e i meccanici di Maranello seduti in chiesa riescono ad ascoltare anche il motore della macchina di Maserati che sta provando nella pista vicina e con discrezione tirando fuori i loro cronometri controllano il tempo. È una grande scena importante per capire come a Modena nel 1957 tutti fossero immersi nelle automobilistiche.
Andrea Bruschi, non solo Ferrari…
Abbiamo parlato con Andrea Bruschi anche dei suoi prossimi progetti.
Che esperienza hai vissuto per Here After e Lidia Poet…
Here After è un film americano che ha come protagonista Connie Britton diretto da Robert Salerno che è anche un grande produttore con film molto importanti. Si tratta di un film speciale che ha a che fare con il fantastico ambientato tutto a Roma. Credo sarà una vera sorpresa.
Lidia Poet nella stagione nuova interpreto il duca Marchisio un nobile sabaudo rigido nelle sue visioni. Non vedo l’ora di vederla. Sono molto contento che ho potuto farne parte.
Altra grande prova in M – Il figlio del secolo dove hai avuto modo di recitare per un grande regista come Joe Wright. Cosa hai appreso da lui?
Joe Wright è un regista straordinario la cui visione è davvero unica. L’atmosfera che crea sul set è magica ed è uno spettacolo vederlo lavorare. Metteva spesso musica eccezionale sul set per esempio Philip Glass. Non mi ha sorpreso vedendo i suoi film che sono come un’opera lirica. Quando ascolto la musica sono a casa. Io interpreto il Ministro Liberale del primo governo di Mussolini.
Cosa sogni per il tuo futuro?
Mi piacerebbe lavorare in un film noir in costume che sono la mia passione, sono un grande fan di Jean Pierre Melville e dei film anni 40’. Credo che potrei dare il meglio. Un’altra cosa a cui tengo molto è realizzare il mio nuovo disco con i miei musicisti di fiducia. Sarebbe il quarto LP per me, le canzoni ci sono tutte. Non vedo l’ora di entrare in studio. La musica scava il cielo… non è mia è di Baudelaire credo dica tutto.