Di Persio, insieme con la moglie Rosanna Pallotta, ha speso ”diversi milioni di euro senza alcun aiuto esterno” per ristrutturare l’edificio degli inizi del secolo scorso in cui aveva sede la Banca d’ Italia, in via Gabriele D’ Annunzio, e dopo essersi battuto per sette anni tra cause giudiziarie e ostacoli amministrativi e burocratici corona finalmente il suo sogno.
Nelle 15 sale distribuite in tre piani con impianti di ultima generazione in linea con gli standard delle grandi sedi espositive internazionali, sono in mostra 260 opere, soprattutto italiane e francesi, raccolte in 35 anni di ricerche.
Il percorso che porta il visitatore a immergersi nel tesoro di capolavori dell’Ottocento si apre con questa preziosa veduta deliziosa del Monastero dei Cappuccini sulla costiera amalfitana dipinta nel 1816 dal pittore austriaco Joseph Rebell per Carolina Bonaparte, moglie di Gioacchino Murat.
Il Museo dell’ Ottocento – nome suggerito proprio da Sgarbi – racconta un secolo cruciale per la pittura e alla varietà straordinaria dei dipinti aggiunge la qualità eccezionale delle cornici, che vanno dal XVI al XIX secolo.
Tra le tele in mostra c’ ‘è anche la ‘numero uno’, la prima acquistata nel 1987 da Di Persio a Roma in un asta da Christie’s. E’ il ”Ritratto di Mrs. Fry”, dipinto nel 1907 dal pittore romano, napoletano d’adozione, Antonio Mancini, nel suo secondo periodo inglese. ”In una delle sale sono esposti 17 Mancini – spiega orgoglioso Di Persio – nessun altro collezionista al mondo può vantare una raccolta del genere”. Tra queste ci sono anche Prevetariello in preghiera (1873) e Verità (1873), considerata una tra le più belle dell’Ottocento italiano. L’ interesse dei DI Persio si è concentrato sui dipinti di altri maestri napoletani e dei pittori francesi del XIX Secolo, in particolare quelli della Scuola di Barbizon – ”precursori dell’ Impressionismo”.
L’ Ottocento descritto dal museo pescarese si snoda dal vedutismo napoletano, ai resti archeologici di Pompei ed Ercolano portati alla luce dagli scavi che tanto attrassero artisti e intellettuali europei che animarono il Grand Tour, Napoli e la costiera amalfitana. E’ un susseguirsi di grandi autori, da Giacinto Gigante, Teodoro Duclère, l’ olandese Anton Smink van Pitloo, il suo allievo napoletano Salvatore Fergola, Domenico Morelli, Saverio Altamura, Francesco Paolo Michetti, Vincenzo Irolli, Gaetano Esposito, Giuseppe Casciaro, Edoardo Dalbono, Vincenzo Caprile.
Un’altra sala monografica è dedicata a Michele Cammarano, che occupa un posto di rilievo nel panorama dell’arte napoletana di quel secolo d’oro. E ancora gli italiani che soggiornarono a Parigi, come Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi, Giuseppe Palizzi, Federico Rossano. Di grande rilievo i due paesaggi di Gustave Courbet, e poi i tre olii di Théodore Rousseau, i paesaggi di Narcisse Virgilio Díaz de la Peña, i dipinti Charles-François Daubigny, antesignano di Monet e Van Gogh, di Jules Dupré e di Paul Huet. La chiusura è affidata alla pittrice Rosa Bonheur, femminista che lottò per una vita per vedersi riconosciuto il suo spazio nella scena artistica.