Pescara. Il prossimo giovedì 9 novembre, alle ore 21, Giuseppe Giacobazzi si esibirà al Teatro Massimo di Pescara con lo spettacolo “Io ci sarò”. Organizzazione Best Eventi.
I biglietti sono disponibili sui circuiti TicketOne www.ticketone.it e CiaoTickets www.ciaotickets.com: primo settore numerato 40,25 – secondo settore numerato 34,50 – palchetto numerato 32,20 – galleria numerata 28,75 (diritti di prevendita inclusi). Per informazioni: 085.9047726 www.besteventi.it.
Il cabarettista romagnolo ci ha gentilmente concesso un’intervista in cui ha parlato della serata che lo vedrà protagonista al Teatro Massimo e non solo.
– Giuseppe Giacobazzi a Pescara con “Io ci sarò”, che tipo di spettacolo vedremo?
– “Vedremo uno spettacolo prevalentemete comico ovviamente, con qualche momento di riflessione come ormai ho abituato il mio pubblico, chi mi viene a vedere sa che funziona così, ho 54 anni e sento il bisogno di fare due puntate sulla serietà ogni tanto, ma niente di eccessivo. È il racconto di un nonno, sono un padre anziano perché mio figlio ha 4 anni e mezzo ed io ne ho 54 e quindi mi sono detto ‘perché non lasciare una testimonianza ai miei nipoti qualora io non li veda di chi era il nonno?’. Così è nata l’idea, facciamo un video tutte le sere su ogni spettacolo così da lasciare una testimonianza tangibile su chi era il nonno, su che cosa si augura per i propri nipoti, di come viveva la nostra generazione e mando un video che è un elemento di tecnologia vicino ai giovani, scrivere un libro sarebbe stato un po’ impegnativo”.
– Quindi questo spettacolo è uno spunto di riflessione anche per lo sviluppo della società che cambia con la tecnologia, ecc. Come vive questo cambiamento?
– “Cerco di adeguarmi, vedo che anche i nonni oggi fanno la stessa cosa, non sono come una volta che rifiutano il cambiamento, ma hanno cercato di dominarlo, di farlo proprio. Io mi impegno, dico la verità, poi mi rendo conto che ci sono dei ragazzini di 10 anni e che dicono ‘ma che fa quel vecchio!?’, loro sono veramente di un’altra categoria perché ci sono nati con questa roba. Però io cerco di adeguarmi e di informarmi”.
– “Io ci sarò” rappresenta un ponte con vecchio spettacolo…
– “Sì perché questo spettacolo parte da dove era finito l’altro, dal racconto delle difficoltà che avevamo avuto io e mia moglie nel diventare genitori e con il percorso difficile della fecondazione assistita e ci troviamo qui adesso a considerare il fatto che abbiamo anche i nostri anni però, io ho 50 anni di differenza con mia figlia, non sono pochissimi, ci auguriamo comunque di essere abbastanza longevi da conoscere i nostri nipoti e di capire chi siamo per goderci quei momenti”.
– Con il suo precedente spettacolo era stato a Pescara due volte (la seconda a grande richiesta), due spettacoli ben riusciti in tutti sensi. Adesso torna in riva all’Adriatico con un nuovo spettacolo. Che serata si aspetta?
– “È sempre una scommessa quando si fa un nuovo spettacolo, specie se quello precedente è andato così bene, c’è sempre molta aspettativa da parte del pubblico, eravamo molto timorosi quando siamo partiti a novembre dell’anno scorso, però poi ci siamo accorti che il pubblico ha gradito, gli spettacoli che abbiamo fatto sono sempre stati pieni, delle belle serate, la gente si è divertita, le recensioni sono state positive. Siamo molto orgogliosi, devo dire la verità, credo che abbiamo messo in piedi uno spettacolo davvero molto bello, spero che il pubblico gradisca, poi il pubblico è l’ultimo giudice, il giudice finale, supremo e inconfutabile”.
– Nei suoi spettacoli racconta spesso la vita quotidiana, c’è da dire che tante volte la realtà supera la fantasia, in che modo adatta il vissuto al palco?
– “È vero effettivamente, io ho sempre detto di non essere un comico puro, sono più un racconta storie e le storie che amo raccontare sono quelle che ho vissuto con i miei amici, quelle che ho visto con i miei occhi e mi rendo conto che quando sono sul palco che le racconto, in realtà non sono storie lontante da nessuno, sono storie di tutti perché probabilmente si crea questa grande empatia durante il racconto perché chiunque ci si può riconoscere ed io nella realtà sono esattamente come sul palco, certo anche più serio, come tutti, però la mia vita è quella, le ho fatto veramente quelle cose, non è che racconto balle”.
– Uno dei suoi elementi caratterizzanti sicuramente è l’accento romagnolo, che è conosciuto per essere orecchiabile e in qualche modo simpatico. Quanto influisce la sua territorialità emiliano-romagnola (vivendo a Bologna) nella sua verve comica?
– “Sono ‘emigrato’ a Bologna in tempi non sospetti, eravamo i primi ‘extracomunitari’, dalla Romagna siamo ‘emigrati’ in Emilia, però devo dire che nel corso degli anni che la caratterizzazione che avevo dato al personaggio, con una forte connotazione dialettale, con una forte cadenza e con le ‘s’ marcate, le vocali aperte, si è un po’ stemprata. La cadenza è quella, non ho fatto dizione, quindi la provenienza si capisce al volo, ma non è più così marcata”.
– Per salutarci vuole fare un invito al pubblico di Pescara affinché accorra al suo spettacolo?
– “Ragazzi, io vengo a Pescara essenzialmente per un motivo: non tanto per fare lo spettacolo quanto per venire a mangiare, io sono golosissimo della vostra cucina, per alcuni versi è un male, ma per fortuna dormo a Pescara quella notte, quindi posso mangiare senza problemi, e sognerò gli avi degli inferni. Io sono uno di quelli ‘mens sana in corpore sano’, se fossi andato via subito avrei mangiato prima dello spettacolo come ho fatto anche altre volte, quindi salgo sul palco con la speranza di finire lo spettacolo, questa volta invece vado più leggero perché faremo solo un piccolo aperitivo, anche se mi rendo conto che gli aperitivi da voi non scherzano per niente. Ma noi abbiamo un fisico che resiste e ci mettiamo in gioco volentieri a livello culinario. Ragazzi, se non avete niente di più importante da fare, se non ci sono grossi avvenimenti perché non venire due ore a Teatro a vedervi due ore di spettacolo che non sapete ancora cosa sia e per poi dire ‘ma guarda che roba ha tirato fuori quel ragazzo lì’ “.
Francesco Rapino