“Lo sguardo dell’artista Mario Di Paolo – spiega Massimo Pasqualone – è sicuramente itinerante, così attento, così pregno di vitalità ed al contempo di capacità ermeneutica. Da una iniziale poetica dell’infinito, attraverso una profonda rivoluzione stilistica ed insieme contenutistica, lo sguardo dell’artista, infatti, attraverso la frammentazione della realtà, conduce ad una enciclopedia sensoriale e cromatica di piacevole lettura, che a volte si fa dolorosamente matura e cosciente, quasi malinconica, com’è lo sguardo dell’artista, una malinconia consapevole delle cose della vita, che assume dentro di sé un mai dimenticato assunto di Robert Musil: ‘Agisci bene quando puoi e male quando devi, e sii frattanto cosciente dei limiti del tuo operare’. Mario Di Paolo propone una palingenesi dello… spirito, attraverso simboli-oggetto quali il mare, l’uovo, l’ombrello, coscientemente correlativi oggettivi della rinascita, della vita che è sempre e comunque mistero che l’arte prova ad interpretare, che il pastello-tempera-olio annida nella poetica dell’oggetto e rende plastica sulla tela. Certamente non si tratta, a ben vedere, di un’interpretazione nichilista dell’esistenza, dove questa ‘è solo un’opportunità per sensazioni ed esperienze in cui l’effimero ha il primato, ma si tratta – come più volte da me significato – di affrontare un altro problema che si affaccia all’orizzonte della postmodernità: la visione del tempo che tende ad appiattirsi inesorabilmente sulla contemporaneità, nella consapevolezza che non vi è più una concezione totale della storia ma vi sono ‘differenti storie’, che contribuiscono all’interruzione della continuità del tempo, nella amara convinzione che il presente del postmoderno è un presente che non ha più memoria storica del passato e non progetta più un futuro, con quello che si può definire schiacciamento sull’immediato. Mario Di Paolo – conclude Pasqualone – agisce dunque nel tempo della storia presente, nella scissione della contemporaneità, nella divisione dei non-luoghi, in definitiva in uno sguardo che contagia la nostalgia e si consuma nel setaccio degli anni, che indaga la verità che ora non è più nell’infinito, nell’Oltre, ma abita l’hinc et nunc dell’artista che assorbe, come fa la tela con il colore, i percorsi della bellezza”.