Chieti. La mostraAstrazioni parallelea cura di Erminia Turilli sarà inaugurata il 28 luglio alle ore 18.00 presso il museo archeologico La Civitella di Chieti e si chiuderà il 10 settembre 2017. Saranno esposte quaranta opere (quadri e istallazioni) di Achille Pace, maestro dell’Astrattismo storico, e degli artisti delgruppo Atomosfera.7, Alfredo Celli, Bruno Di Pietro, Rossano Di Cicco Morra, Massimo Pompeo, Anna Seccia, Franco Sinisi.
Presenteranno l’evento: Lucia Arbace, Direttore del Polo museale dell’Abruzzo, Achille Pace artista, il critico Duccio Trombadori e la curatrice dell’evento Erminia Turilli. Coordinerà il giornalista Gino Di Tizio.
Il gruppo di Atomosfera.7, nato nel 2016, è caratterizzato da una forte componente sperimentale e da una marcata ricerca artistica. Ricerca che spazia dall’Astrattismo al Dadaismo, dall’Arte Concettuale all’Informale, al Minimalismo, all’Arte partecipata.
Il gruppo crede ostinatamente nella capacità dell’arte di comunicare all’uomo la sua bellezza e la sua forza vitale. E, per raggiungere un siffatto obiettivo, gli artistihanno superato la naturale propensione all’individualità, per unirsi e confrontarsi. Insieme successivamente hanno elaborato un manifesto dedicato all’uomo, alle sue emozioni e ai suoi sentimenti, intendendo ricostruire con diversi linguaggi un rapporto etico e dinamico fra arte e società, fra artista e collettività. La piena accettazione della ‘solitudine creativa’ sollecita la tensione sperimentale degli artisti citati, che si specchiano nella qualità dei loro distinti elaborati, e navigano nelle acque agitate della cultura del tempo nostro, quando mettono in discussione codici, identità, ruoli istituzionali. L’apertura a situazioni comunicative (ambiente, territorio, sociale) resta il punto fermo di una volontà d’arte che non riposa su certezze acquisite, ma predica la metamorfosi come valore. L’acquisito polimorfismo dei linguaggi (pittura, cinema, informatica, fotografia) si accompagna così all’ esigenza di intervenire laddove si formino esperienze culturali –scuole, musei, centri sociali- per captare le onde permanenti di energia creativa. Se la prepotenza invasiva della tecnologia tende ad omologare e irrigidire le diverse ‘concezioni visive’, solo una atmosfera nomade dell’avventura estetica può garantire la vitalità dello stile, come distintivo libertario e originale del gesto artistico. Un’intenzione etica ed estetica fa muovere, al di là del consueto panorama culturale, questi sei artisti che hanno messo a confronto l’esito delle loro possibili ‘Astrazioni parallele’: non a caso è partecipe del progetto anche Achille Pace, maestro dell’Astrattismo storico, scelto a punto di riferimento morale ed artistico, per la coerenza di cui è stato interprete in una sempreverde ed originale stagione artistica. Fondatore del Premio Termoli nel 1960, con i critici: Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Nello Ponente, Filiberto Menna, Giuseppe Gatt, Italo Tomassoni e ideatore nel 1962 a Termoli del Gruppo Uno, conBiggi, Carrino, Frascà, Santoro e Uncini.
Note critiche sugli artisti di Atomosfera.7 Le opere di Alfredo Celli, caratterizzate da un costante rigore costruttivo e forte espressività, aprono ad un discorso artistico che ingloba pittura e scultura. Piani sovrapposti di strutture lignee, che si torcono e si allungano in lingue ondulate ed emozionali, fanno emergere la tormentata vicenda degli opposti: interno/esterno, pieno/vuoto, materia/aria, buio/luce. Il dinamismo della materia modellata, ci riporta ai primordi, in cui la fluida crosta terrestre stava forgiando i nostri orizzonti, e si scontrava con una concezione del nulla propria della filosofia zen, presente nella stesura delle sue piatte finiture mono/bicromatiche minimaliste. Queste raffinate composizioni spaziali, in cui si ritrova il focus segreto delle sue opere, catturano chi le guarda e portano a riflettere sul senso della materia, del vuoto e dell’esistenza.
L’artista Rossano Di Cicco Morra assimila nelle sue opere pittura e design secondo un ordine concettuale e materico dove è evidente la riflessione sui temi sociali nonché sulle correnti artistiche del dopoguerra. La rifrazione fra realtà e astrazione lo conducono a tecniche sperimentali con l’uso di materiali diversi, tesi ad elaborare una nuova estetica della comunicazione sociale. I suoi reliquiari sono infatti opere speculative, che, partendo dal riuso, attraversano una successione di piani con oggetti simbolo e spazi di fuga mediante i colori primari. La sua continua ricerca non ha confini, temporali e spaziali, ed è guidata sempre da una curiosità che lo porta a confrontarsi e scontrasi con il mondo che lo circonda. Eterogeneità di soluzioni come inesauribile risorsa del fare.
La vasta produzione di Bruno Di Pietro è torrenziale, mitica e metafisica, materica, figurativa e simbolica, universale e concettuale. La sua arte infatti spazia dalla cultura mediterranea a quella nordica e si salda in un nuovo ciclo di opere, ultima tentazione di sintesi: l’albero/betulla simbolo del limite, del confine di uno spazio sacro, inviolabile, metafora di contatto fra l’immanente e il soprasensibile, fra la terra e il cielo, fra il corpo e il soffio vitale, fra l’àtomos e l’aether. Nell’artista convivono il mito antico di ancestrali culture, che nel corso del tempo si sono evolute in società più complesse e articolate. Il desiderio di nuovi miti e luoghi in cui passato e futuro si fondono in nuove entità. Oltre la Terra, con la sua storia, il Cielo, un luogo da indagare, percorrere e descrivere.
Le carte nautiche di Massimo Pompeo descrivono invece un viaggio della conoscenza, fantasioso e spericolato, dove il piacere del rischio e dell’avventura operano taumaturgicamente sulle paure fobiche del vuoto e dell’angoscia esistenziale. Gli itinerari, dalla terra ferma al mare aperto, sono avvolti in colori abbaglianti, dove è presente l’abisso e la forza delle onde. Onde che si frangono sulla costa in uno scontro spumeggiante, onde che annullano il vuoto e ripristinano il limen, il quadrato dell’essere. Il suo fare rimanda ad una visione neo-romantica in cui è importante vivere per poter raccontare l’esperienza del viaggio e non la meta finale. Abituarsi a viaggiare, ad aprirsi, anche solo con la mente, per educarsi ad un rapporto introspettivo, alla scoperta non di nuovi orizzonti, ma di sé stessi.
Anna Seccia con i suoi labirinti spinge l’osservatore a separarsi dalla realtà e dalle sue angosce esistenziali quotidiane, per emanciparsi ed intraprendere un viaggio interiore di riconciliazione fra mente e corpo, spirito e materia. Il tracciato è segnato da scie nel cromatismo dell’azzurro, da frammenti di viaggio nel labirinto di Chartres con al centro un tondo, un morceau de vie, de ciel. Nell’imparare a vedere, ma, soprattutto, a vivere attraverso l’arte, si fonda la sua attività relazionale e connettiva, dall’happening/performance de La stanza del colore ai suoi tradizionali quadri. La sua produzione artistica spazia in settori differenti,che la portano anche a realizzare, attraverso il coinvolgimento del pubblico, opere/installazioni di grandi dimensioni. Ogni sua opera o performance è quindi un universe gate, nel quale si entra per imparare a guardare in modo diverso la Vita.
Franco Sinisi con la sua versatilità sperimentale e i suoi codici visivi, i codici a barre, produce una visione dell’arte dai lineamenti originali e stigmatizza la ricerca dell’identità e la sua unicità, anche mediante la suddivisione geometrica e modulare dell’opera. Lo sfondo cromatico, ricco di flussi emozionali, rappresenta sentimenti disparati come il vortice della sensualità, l’abisso dell’istinto, la giostra della follia, la metafisica del pensiero e le paure esistenziali dove èthos ed aestheticanarrano un inedito ritratto dello spazio e del tempo. I colori, accesi e forti, testimoniano la forza di un gesto, sicuro e preciso, che non ammette ripensamenti. Le sue contaminazioni raccontano dell’inesauribile sete di conoscenza e le differenti soluzioni rivelano il desiderio di chi non si accontenta e continua a sperimentare.