Subito dopo è stata la volta della “Storia del brigantaggio” curata ed accompagnata da un filmato realizzato per Rai2 dallo stesso relatore Silvano Vinceti. “Da un punto di vista storico – ha commentato Vinceti – credo che il ‘fallimento’ dell’Unità d’Italia è dovuto al fatto che si è pensato prima di tutto ad un’unità politica, giuridica, statuale, istituzionale, militare ma non al comune sentire di condivisione di valori che uniscono un popolo. Dove non c’è una comunità sociale, culturale, storica e morale non può esserci una comunità politica”.
Gli “Eventi del Risorgimento dall’ottica della famiglia Garibaldi” sono stati esposti dalla discendente Anita: “Da anni sto cercando di divulgare una serie di visioni su Garibaldi e sul Risorgimento che hanno radici nella storia vissuta della famiglia intrecciata con la storia d’Italia e anche con quella di tutto il Mondo. Quando sento descrivere Garibaldi ridotto a condottiero della campagna dei Mille resto perplessa perché non era così. La sua visione della vita parte dal mare. Era nato a Nizza ed era cresciuto sulle tartane del padre. E’ stato un marinaio mercantile, militare a Montevideo dove divenne ammiraglio. La sua alternativa di vita era quella dell’agricoltore perché sosteneva che da ligure, o coltivo la terra o vado per mare”. Anita Garibaldi ha poi raccontato della vita del bisnonno a Caprera, della fuga del padre Ricciotti dall’isolotto per raggiungere i briganti e combattere a fianco di quelle truppe italiane del nuovo Stato fondato dal padre e dal fratello. “Garibaldi non voleva fare l’Unità d’Italia con le armi – ha concluso la discendente Anita – questo emerge da un suo editto scritto tra Calatafimi e Milazzo: Tutti i bambini italiani hanno diritto ad una scuola libera e gratuita”. Aveva capito che l’Italia si poteva fare in modo graduale attraverso la preparazione, la formazione e l’educazione degli individui.
Il convegno si è anche arricchito di diversi interventi e fra questi quello di Roberto Ricci componente della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi che ha parlato di una corrispondenza, mai pubblicata, tra le rappresentanze della Guardia Nazionale di Tortoreto, Sant’Omero, Nereto e Sant’Egidio ed il capo della Guardia Nazionale Troiano De Filippis Delfico, senatore del Regno. Dall’epistolario viene fuori che, in Val Vibrata, il nuovo assetto politico ed amministrativo dovuto al processo dell’Unità d’Italia non fu affatto indolore.