Quando uscì l’omonimo film nelle sale cinematografiche scelsi volutamente di non andare a vederlo. Sapendo infatti che era stato tratto da un romanzo volevo prima leggere il libro e poi vedere il film, per non lasciare che le immagini dello schermo interferissero con quelle della mia mente durante la lettura.
Tuttavia per un po’ di tempo dimenticai la faccenda del film e del libro, nonostante continuassero a ripetermi che dovevo assolutamente leggerlo.
A distanza di qualche mese, mi trovavo all’aeroporto di New York in attesa del mio volo ed entrai una piccola libreria per ingannare l’attesa. Fu lì che trovai per caso Eat, pray, love e lo interpretai come un segno: dovevo leggere quel libro!
Mangia, prega, ama racconta in maniera autobiografica la storia personale dell’autrice, Elizabeth Gilbert, una donna sui trent’anni che, stufa della quotidiana routine, lascia la sua America, suo marito, il suo lavoro, per avventurarsi in un viaggio fisico e spirituale che la porterà fino in Italia, e poi da lì fino alla lontana India, per terminare in Indonesia, sull’isola di Bali.
All’inizio della lettura viene subito da chiedersi: ma cosa può spingere una bella donna che dalla vita sembra aver avuto apparentemente tutto (denaro, marito, lavoro, carriera) a lasciare quanto ha faticosamente raggiunto fino a quel momento per un’impresa rischiosa quale un viaggio in terre lontane?
Evidentemente sotto la patina di tranquillità e sicurezza si nasconde un animo inquieto alla ricerca del suo vero Io, quella vocina che non si dà per vinta quando tentiamo di soffocarla con le nostre convinzioni dettate dalla paura di aprirsi alla verità e perdere il controllo di noi stessi, di perdere quelle false certezze che ci portiamo dietro da sempre.
Ma arriva un momento in cui non è più sufficiente mettere a tacere la voce dell’inner self, il nostro Sé più profondo, e questo momento arriva per Liz quando decide di lasciarsi tutto alla spalle e iniziare una nuova avventurosa vita.
Prima tappa del viaggio:Italia! È molto interessante sapere come una straniera veda la nostra terra ed è gratificante anche notare quanto Elizabeth ami la nostra lingua e cerchi a tutti i costi di apprenderla nonostante sappia benissimo che non le servirà da un punto di vista lavorativo, ma lo fa solo per il puro piacere di parlare una lingua tanto bella e dal suono così musicale, come afferma a ragione l’autrice. Peccato però che le sue descrizioni sul bel paese siano piene di stereotipi e che comunque il tutto sia incentrato sulle nostre doti culinarie e niente più, lasciando intuire che gli americani ci vedono come un popolo di mangioni, beoni e mammoni.
L’avventura italiana assume quindi il significato simbolico della ricerca del piacere inteso come piacere del palato e beatitudine dell’ozio.
Seconda tappa: India. Ed ecco che la situazione precedente si capovolge, dalla materialità alla spiritualità, dal piacere al sacrificio e all’abnegazione. L’India è sinonimo di meditazione e, per quanto possa essere vero, si tratta comunque dell’ennesimo stereotipo. Nonostante ciò, la lettura è piacevole grazie alle numerose pillole di saggezza su cui vale la pena soffermarsi di tanto in tanto.
Ultima tappa: Indonesia. È nell’isola di Bali in Indonesia che si conclude il viaggio fisico e spirituale di Elizabeth. È qui infatti che troverà il giusto compromesso tra i sensi e lo spirito, è qui che tutti i frammenti dell’Io si ricompongono per trovare quell’equilibrio irraggiungibile attraverso l’amore, infatti l’imperativo ama del titolo si riferisce proprio a quest’ ultimo viaggio. L’amore inteso come conquista difficoltosa, come incontro di spiriti affini che dopo essersi inconsapevolmente cercati, finalmente si trovano.
Nel complesso la lettura risulta un po’ difficoltosa per l’abbondanza di descrizioni, di cui molte accuratamente dettagliate, il che rallenta l’intreccio e fa venir voglia di saltare dei passaggi qua e là. Vale però la pena arrivare fino all’ultima pagina, ci si sente arricchiti e vien voglia di iniziare un viaggio in qualche terra lontana alla ricerca dell’unknown, di ciò che non si conosce.
Ecco alcune delle numerose pillole di saggezza disseminate nel corso del romanzo:
“To find the balance you want […] you must keep your feet grounded so firmly on the earth that it’s like you have four legs, instead of two. That way, you can stay in the world. But you must stop looking at the world through your head. You must look through your heart, instead. That way you will know God”.
(Per trovare l’equilibrio che stai cercando devi tener i piedi ben piantati a terra, come se avessi quattro gambe invece di due. In questo modo potrai stare nel mondo. Ma devi smettere di guardare il mondo con la testa. Devi guardarlo attraverso il cuore. Solo così conoscerai Dio)
“Virginia Woolf wrote: across the broad continent of a woman’s life falls the shadow of a sword. On one side of that sword, she said, there lies convention and tradition and order, where all is correct. But on the other side of that sword, if you’re crazy enough to cross it and choose a life that does not follow convention, all is confusion. Nothing follows a regular course”.
(Virginia Woolf scrisse: nel vasto continente della vita di una donna cade l’ombra di una spada. Da un lato di questa spada, disse, vi sono le convenzioni, la tradizione e l’ordine, tutto è giusto. Ma dall’altro lato della spada, se si è abbastanza folli per attraversarlo e scegliere una vita che non segue le convenzioni, tutto è confusione. Nulla segue un corso regolare.)