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Un caffè (con ghiaccio) insieme ai Motel Connection.

Non mi sarei mai immaginata seduta al bar a prendere un caffè con ghiaccio in una soleggiata e ventilata domenica di giugno. Capiamoci, io bevo molti caffè con ghiaccio quando fa caldo. È che non mi immaginavo seduta insieme ai Motel Connection, a chiacchierare di Latouche, Restivo, Charles Manson e del sistema produttivo della Toyota.
Sono da sempre una fan accanita dei Subsonica e di tutti i loro “prolungamenti musicali”, in una sorta di osmosi musicale che ha fatto sì che non diventassi un’integralista jeffbuckleyana, e che ha permesso di liberare la tamarra che c’è in me. Quella che se la spassa a sudare al ritmo di TUZ-TUZ, ben fatto si intenda.
È andata così: due ore di sonno e otto a lavorare al bar. Alle 17.00 l’appuntamento con Ivan, il road-manager. Credevo di collassare e invece la stanchezza è scomparsa nell’istante in cui ho realizzato di avere la possibilità di fare un’intervista a uno dei miei gruppi preferiti.
Le domande. Le avevo preparate con cura ma più le rileggevo, più mi sembravano stupide, senza senso. Banali e inutili. Poi ho ricordato le parole di un caro direttore che qualche tempo fa mi disse “Fare domande è la parte più bella del lavoro del giornalista. Se sei una persona curiosa poi, non potresti chiedere di meglio”.
Così ho seguito il consiglio e mi sono buttata, dopo qualche convenevole e un leggero botta e risposta a tema “l’abbronzatura di Samuel”.
IO:“Samuel , sei abbronzato?”
SAMUEL:“ Essì, sono di origine calabrese”
IO: “Sei stato in Calabria?”
SAMUEL: “No, ma è per via delle origini, sai”
IO: “Capisco…”
Le mani tremano e accendo a fatica il registratore. Scorrono immagini a random nella testa. Io che mi faccio la foto con Vicio (lui dentro la macchina e io fuori…non chiedete come ma è andata così). Io che mi becco in testa la bottiglietta piena d’acqua lanciata da Samuel durante un concerto. Ma adesso non sono più l’adolescente impazzita dagli ormoni. Non per questa mezz’ora almeno. Mi sforzo di sembrare professionale e mascherare l’imbarazzo.


Heroin è il vostro 5 album. L’avete definito il linguaggio di sintesi del vostro percorso come Motel Connection. È stato un percorso analitico o intuitivo?

Samuel: (mazz’ che domanda) Ma, credo che per certi versi sia stato analitico e per altri intuitivo. Nel senso che l’analisi di quello che era la musica che abbiamo ascoltato, ci coinvolgeva e ci piaceva è stata un po’ alla base dell’incontro dei tre, anche perché abbiamo attitudini abbastanza diverse. All’interno è presente un DJ e due musicisti, quindi sicuramente dovevamo analizzare bene quelli che erano i nostri istinti musicali. Invece l’istinto è venuto fuori una volta che abbiamo messo in piedi il progetto, che era un progetto live. Quindi abbiamo iniziato a costruire tutto il modo di interagire fra di noi e di conseguenza il nostro suono, live, cioè davanti alle persone. E mentre lo facevamo, sia noi che le persone ci rendevamo conto di quello che stavamo facendo. Dopo un anno passato in questi termini abbiamo avuto le prime richieste di lavoro commissionato in studio e la prima è stata la colonna sonora di Santa Maradona. Lì in qualche modo abbiamo voluto trasportare quello che abbiamo fatto su un palco, improvvisando, per svariato tempo, su un disco. Quindi abbiamo dovuto estendere il linguaggio,….e così è partita l’esperienza Motel Connection anche in studio a cui hanno fatto seguito svariati dischi. Quest’ultimo è un po’ la sintesi di tutto il percorso che abbiamo fatto partendo dai Motel Connection che salgono su un palco senza sapere cosa andranno a fare e che invece oggi strutturano un live costruito pensando al proprio suono.


Motel Connection nasce come progetto parallelo ma ha tutte le caratteristiche di una realtà che ha preso forma propria e si indirizza su un terreno crossmediale. Quanto e se  vi sentite dei social network in questo senso?

Pisti: Era la cosa che abbiamo cercato di fare da dieci anni. Già il nome stesso Motel dava l’idea che diventasse un social network, nel senso di un nome che potesse ospitare altre cose. Devo dire che negli ultimi due anni siamo riusciti di più a perseguire questo obiettivo perché ci siamo forse anche concentrati di più. Prima ci incontravamo molto spesso nei periodi di pausa da tutti i vari lavori quindi riuscivamo a concentrarci sulla musica e invece questa è stata l’evoluzione. Siamo riusciti non solo a concentrarci sulla musica ma anche a linkarci con altre persone. Abbiamo potuto realizzare tanti piccoli sogni che avevamo. Farci fare la copertina da un artista, lavorare con Paolo Pellegrin che è un  bravissimo fotografo…
(Arriva la signora del bar “scusate!”. Pisti avvicina il registratore e grida: “è arrivato il caffè!!!!” – Mi sto divertendo e l’adrenalina ha preso il sopravvento sulla tremarella di pochi minuti fa)
…fare il fumetto, tutta la parte creativa che c’è nel nostro sito. È stato anche lavorando insieme a una persona che si chiama Paolo Tajani che ci aiuta parecchio per il sito. Insomma siamo riusciti a mettere insieme. Abbiamo costruito una squadra di persone e insieme riusciamo a giocare in questo momento molto bene. Ma devo dire, è frutto di anni di esperienza! Ci sarebbe piaciuto riuscire a farlo quando siamo nati e un pò l’abbiamo fatto, lavorando col cinema, facendo delle installazioni per degli artisti. Però mai come negli ultimi tempi siamo riusciti a concretizzare la cosa.
Samuel: Il vero social network legato ai motel connection si è creato proprio ultimamente. Abbiamo utilizzato il nostro sito per linkare una serie di creatività che ci piacevano come attitudine e quindi siamo riusciti in qualche modo a creare un’interattività che si muove, si interessa e che ritrova anche all’interno del nostro sito degli stimoli per la creatività. Il punto finale, che era un pò il punto di inizio del nuovo album dei Motel Connection era proprio lavorare in questi termini. Ci stiamo riuscendo e il punto di arrivo è che proprio in questi ultimi mesi sia nato sul nostro sito questo luogo di scambio e di idee che si chiama Good News uno spazio per le idee e la creatività, in cambio di nostra musica gratis. Tu puoi scaricare i nostri inediti e noi in cambio chiediamo un gesto creativo. Questa cosa qui è veramente l’anello di chiusura. Il vero social network.

Due dei vostri album hanno fatto da colonna sonora ai film di Marco Ponti: Santa Maradona e Andata/ Ritorno. Avete detto “Ma scrivere musica per un film non è come scrivere per se stessi”. Se doveste mettervi a scrivere musica per un film adesso e aveste la possibilità di scegliere, quale regista scegliereste?
Pisti: Questa è una domanda che ci fanno spesso. In realtà non è proprio così. Quando abbiamo scritto la musica di Santa Maradona abbiamo scritto musica per noi stessi e poi l’abbiamo adattata al film. Personalmente il regista che trovo più innovativo a livello musicale in Italia è Sorrentino, che faceva il dj da ragazzo. Mi piacciono molto i  suoi tempi musicali. Però quando abbiamo lavorato con Marco (Ponti) siamo stati fortunati perché penso che in Italia non si fosse mai realizzata una colonna sonora interamente di musica elettronica. Penso che l’unica sia stata “Profondo Rosso” con i Goblin.
Samuel: Il fatto che un gruppo come noi, proveniente da un circuito non tanto mainstream, avesse la possibilità di gestire dalla A alla Z la colonna sonora di un film di una grossa produzione è stato un evento, sia in ambito cinematografico che in ambito musicale, tanto che ancora adesso ci arrivano delle riconoscenze per quella colonna sonora. E non è tanto il merito dei Motel Connection che comunque in quel momento lì avevano sviluppato un enorme mole di lavoro legata a quel film ma è anche il fatto che ci sia stata una scommessa dal punto di vista della produzione. Normalmente in Italia ci sono autori che fanno musica per il cinema. Si costruisce la colonna sonora in maniera slegata. Quello che abbiamo fatto con Santa Maradona può essere una forza sia per il film che per il gruppo, che può esprimersi al cento per cento…
Pisti: …e poi è difficile adattare la musica alle immagini. Se fai una colonna sonora metteresti musica dappertutto…
E invece?
Pisti: e invece no…purtroppo non puoi…
E se tra un paio d’anni ci sarà un altro Daniele Restivo che farà sentire in sottofondo a delle telefonate un carillon con le note di una vostra canzone, invece che “Profondo rosso”….??
Pisti: E anche Manson ascoltava Helter Skelter dei Beatles…e pare che l’avesse scritto sbagliato sul muro della villa quando ha ucciso la moglie di Polanski…
Samuel: …Ma io non ce lo vedo un serial killer che uccide al ritmo di TWO…(ride)

H.E.R.O.I.N. è l’acronimo di….
Pierfunk: Human Environmental Return of Output Input Network
Quindi il significato è che «gli scarti di un sistema diventino risorse per un altro». Credete che il discorso generale non rischi di “inquinare” senza un sistema che regoli il procedimento?
Pisti: Però chi è che decide che artisticamente cos’è uno scarto o cosa non lo è? Ci sono stati anche tanti abbagli, no? Sono state scartate tante cose che poi meno male sono state riprese e portate alla luce.
…Leopardi su tutti….
(Samuel mi guarda attonito, non so cosa pensare, azz potevo stare zitta!!)
Pisti: Ci sono stati miliardi di artisti che nel momento in cui producevano sono stati scartati e poi ripresi. Noi facciamo un genere musicale che è la musica elettronica e nasce fondamentalmente dal campionamento. Quindi si è sempre preso dagli altri. Si è sempre cercato di campionare dagli altri, poi riplasmandolo, mutandolo, con una forma diversa. Però si attinge sempre dagli altri.
Samuel: Per quanto riguarda il tema ambientale è indispensabile il riutilizzo perché siamo assolutamente finendo le scorte di materie prime. È indispensabile riuscire ad entrare in un ottica del produrre per quello che ci serve e non sovraprodurre come ormai si fa. Cercare di riutilizzare le materie prime, rimetterle in circolo. Questa è la base su cui si può costruire il futuro, altrimenti non ci sarà futuro per nessuno. In tema musicale il riutilizzo è la fonte, esattamente come il tema ambientale. Ci sono brani musicali che possono piacere e non piacere, che per quanto ci riguarda magari non davano un grosso apporto al nostro tipo di musica, però semplicemente un campione vocale, una parte di un synth, una piccola parte presa, riutilizzata magari genera un qualcosa di nuovo, più entusiasmante, che ci piace, e ci dà l’energia per andare avanti. Io credo che il riutilizzo se fatto in un sistema costruito apposta può essere una fonte.
Pisti: Non va fatto come fanno le case farmaceutiche in Africa, che gli mandano le medicine scadute…
Pierfunk: Quello è il genere di scarto “cattivo”! C’è ancora un aspetto legato un po’ alla tua domanda che secondo me è fondamentale: è che occorre sviluppare il pensiero della connessione. Non un pensiero della differenza. Nella domanda che tu fai c’è un pensiero differenziale. In realtà se noi adottiamo un pensiero associativo lo scarto diventa la prima opportunità per qualcos’altro e questo succede per l’ambiente, per le produzioni, ma anche proprio per le idee.
Samuel: Soprattutto per qualcun altro. Quello che per te è uno scarto può essere un fonte da cui partire per produrre…
Pisti: Motel Connection vuol dire esattamente questo. Ci abbiamo visto molto lungo dieci anni fa.
(ridiamo, ancora)


L’importanza del live per un gruppo che si misura su un campo fatto prevalentemente dalla macchina.
(mi rendo conto che ne hanno già parlato)
Ma me l’avete già detto…scusate…

Pisti:Vabbè te lo ribadiamo.
Pierfunk: Il live è un momento rigenerativo, un momento essenziale, sia quando lo prepari, sia quando vai a farlo. Andando in giro hai continui scambi con la gente. Lo stesso gruppo sviluppa tutta una serie di idee.
Pisti: Se noi sentiamo il nostro live di tre quattro anni fa o anche soltanto dello scorso anno, quando abbiamo iniziato questo tour, ci rendiamo conto che oggi è molto diverso perché c’è tutto un sistema di evoluzione. Quando sei in studio invece questa evoluzione è più basata sulla macchina, come dicevi tu, e quindi l’interazione è individuale, con la macchina….e poi in studio non sudi. Durante i live perdiamo due chili, siamo come i ciclisti….
Quindi stasera…
(insieme) Stasera sudiamo!!!

Ho finito il tempo per le domande. E ora che ho rotto il ghiaccio ne avrei ancora cento da fare.
Non dimenticherò mai il momento in cui Pierfunk ha ammesso “faccio fatica a seguirti…”. Ho capito benissimo cosa voleva dire, dato che spesso e volentieri faccio fatica a seguirmi da sola. In quell’istante mi sono sentita piccola piccola, come di fronte al professore di estetica che mi scrutava con sospetto mentre cercavo connessioni improvabili tra i concetti liberi della mia mente, dotati di senso logico/storico/ filosofico esclusivamente se non pronunciati ad alta voce.
Non so ancora se l’ho passato. Ma è stato l’esame più bello della mia vita.