Il guru dei manager italiani, oggi direttore della Luiss, porta a termine la sua ennesima opera di provocazione contro il progressivo degrado della classe dirigente politico-imprenditoriale , e chi meglio di lui può conoscerla dall’interno? Ma soprattutto uno speranzoso tentativo di ridestare un: “Paese che sembra aver perso la voglia di stare al mondo con dignità”.
Il principale tema trattato, e attaccato, è la resa, la difficoltà nel rintracciare tra gli italiani il coraggio di ribellarsi e resistere ad un modo di fare che sfugge alle principali regole dei rapporti di civiltà, che dall’alto si ripercuote verso tutta la popolazione: “ dall’Italia stiamo dimostrando alle altre nazioni, che ridono di noi per questo, come si fa a vivere e sopravvivere senza osservare le regole, che per noi sono un optional; ma non è colpa della gente comune: se l’errore parte dall’alto chi sta in basso si adegua”, asserisce Celli tra lo sdegnato e il dispiaciuto.
Arrendersi è diventata, per l’autore di questa raccolta di racconti e brevi saggi sulla classe dirigente italica, un’arte che fa fare strada: “Come si può chiedere ad un giovane che cerca lavoro un atto di resistenza verso una corruzione delle logiche di mercato quando per trovare lavoro è costretto ad arrendersi a seguire il politico o il potente di turno?”. La scelta del titolo è poi evidentemente legata ad un’altra accezione della resa, come spiega Celli: “Don Abbondio è la figura per antonomasia priva di coraggio, chiedergli di averne è un ossimoro ma anche l’unico modo per uscire da questa situazione: i tanti Don Abbondio di cui l’Italia è piena devono avere il coraggio di riprendere la parola e di pretendere un cambiamento”.
Celli ha concluso la conferenza con una triplice esortazione, mirata a risolvere l’esodo degli odierni Don Abbondio verso l’estero, come soluzione al difficile e poco meritocratico meccanismo di ingresso nel mondo del lavoro, deviato da una mediocre classe dirigente e ancor prima da una degradata selezione di questa. Alla classe politica chiede di studiare appropriate soluzioni d’ingresso, e non di pensare solo a rimediare con strumenti tampone per chi il lavoro l’ha perso; alle imprese chiede di dare più formazione ai giovani, ricordando che: “il precariato riesce solo a disamorare le persone dal lavoro e consegna personale senza competenze”; infine al mondo accademico, per Celli, deve cambiare radicalmente, unendo la base teorica delle laure triennali ad un necessaria e maggiore preparazione alla professione dei bienni specialistici.
Il desiderio finale espresso del direttore della Luiss è stato: “Dobbiamo aiutare i ragazzi a tenere la schiena dritta, la forza dei ragazzi sta nel fatto che se gli dai una mano loro ti restituiscono il braccio: aiutiamoli”.
Daniele Galli