In tutte le osterie raffigurate nei suoi dipinti i personaggi sono al loro posto, non ci sono baruffe né i classici ubriaconi che ci si aspetterebbe, non c’è una sedia rotta né un bicchiere fuori posto. Ma d’altra parte come abbiamo detto è ritratta la dimensione del ricordo, quel ricordo piacevole dove le cose più brutte, più scomode, sembrano scomparire. È questo quello che accade nelle opere di Luciana, le sue donne incredibilmente formose contribuiscono a dare il senso di profonda armonia e tranquillità all’atmosfera, le loro rotondità forniscono sicurezza, stabilità, si potrebbe restare in quell’osteria per sempre che niente riuscirebbe a scalfire quell’aurea. Il messaggio che l’artista lascia trapelare è un profondo senso di tranquillità, quasi una denuncia alla fretta del mondo contemporaneo dove niente può essere assaporato fino in fondo. Per questo la bicicletta, per rallentare; la macchina non serve, l’osteria è lì, non scappa e ci aspetterà comunque. Anche quando l’attenzione dell’artista si posa sulle bevitrici solitarie l’idillio non si spezza, il loro sguardo è languido, trasognato, l’utilizzo della matita come unica fonte di colore contribuisce a dare il concetto di uguaglianza. Non c’è giudizio per queste donne ma solo l’immensa pace che trapela dai loro sguardi mai troppo assenti.
Luciana Nespeca ha raccontato “la sua personale” come un momento di riflessione senza nostalgia, e questo è stato anche per chi ha avuto il piacere di assistervi, con la sola differenza che la lentezza tranquilla delle sue opere, manca un po’ a questa società trafelata.
La mostra resterà aperta al pubblico fino al 24 aprile presso il Mediamuseum di Pescara.
Serena Zavatta