Le opere di Gabriella Albertini trasportano l’osservatore in mondi fantasiosi fatti di colori e simbologia, come nel trittico in cui “un filo rosso collega i dipinti il cui tema principale è quello dell’incontro, della contrapposizione tra forze opposte e di un intimo pensiero”. Si articolano elementi architettonici mescolati ad elementi dei paesaggi naturali, la presenza dell’uomo c’è, ma non si vede, come l’amore, che “per mantenere la sua sacralità non dev’essere detto ma mostrato”.
L’immaginario di Alfea Ciccone è invece costituito dall’unione dei quattro elementi, terra, fuoco, acqua e aria, “il materiale che funge da supporto all’idea artistica è infatti la terracotta che diviene aerea, spesso merletto impalpabile, attraverso l’uso di forme liquide, curve, morbidamente plasmate a descrivere contenuti concettuali e colori emotivi”. Ciccone mescola con maestria lo stile liberty a quello classico, rendendo la terracotta talvolta una sinuosa immagine di una maternità e talvolta un edificio classico dai contorni decisi, passando anche per temi sacri come l’annunciazione.
È poi la volta dell’arte figurativa di Guido Giancaterino che sembra toccare una memoria collettiva attraverso le immagini di una vita concreta, paesaggi naturali con alberi fioriti ma anche figure umane sofferenti mescolate a fermi burattini senz’anima. Degna di nota è l’opera “Onna. Piazza San Pietro, in cui si prendono a modello sia le narrazioni pittoriche delle cattedrali, sia la tecnica del flashback cinematografico per presentare alla riflessione dell’osservatore la distruzione dei mondi materiali e spirituali causati dalla crudele fatalità del sisma che ha colpito il cuore dell’Abruzzo”.
L’astrattismo di Ivano Pardi è frutto del contrasto tra “l’esuberanza violenta e vitale della materia e del colore e la forma geometrico-architettonica imposta dalla ragione ordinatrice”; sulle tele convivono colori forti e decisi con relitti antichi e materiali sporgenti su sfondi scuri e bui, sono opere che affascinano e toccano il profondo inconscio di chi le osserva.
Anche quella di Gianfranco Zazzeroni è un’arte astratta che scuote gli animi e dirige in un mondo onirico non lontano però da un vissuto reale. L’uso del blu e del rosso sottolineano il contrasto tra le emozioni e il pensiero superiore, conducendo l’osservatore di volta in volta a scavare in se stesso per raggiungere la propria e personale interpretazione delle tele.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 25 febbraio.