Una decisione importante quella presa dal pubblico ministero di Torino che potrebbe cambiare per sempre il rapporto con i social network
Una svolta. I social network, Instagram, Facebook, Tik Tok e così via, non sono quindi la vita reale, non corrispondono alla realtà e quindi anche gli insulti, le sheet storm e gli haters non sono veri, ma virtuali e per questo non perseguibili. Questa la clamorosa conclusione che ha portato alla sorprendente richiesta di archiviazione, scritta dal pm Roberto Furlan, relativa all’indagine scaturita dalle denunce di Cristina Seymandi contro gli odiatori seriali che si erano scatenati contro di lei dopo il video in cui veniva lasciata dal promesso sposo, Massimo Segre, proprio nel giorno delle nozze.
Una delle piaghe del nuovo millennio e della nascita dei social network è sicuramente l’odio online. Molte persone ritengono che dietro a uno schermo possano fare qualsiasi cosa gli passi per la testa. L’hater, cioè colui che prova odio nei social, spesso mette in difficoltà creatori di contenuti (Youtuber, Instagrammer, TikToker ecc…), ma è capace di minacciare anche persone che non hanno fatto altro che esprimere la propria opinione.
Impossibile dimenticare quel video che in brevissimo tempo aveva fatto il giro del web diventando per questo virale. Immagini girate proprio durante i preparativi del matrimonio che avevano portato, suo malgrado, alla ribalta Cristina Seymandi, l’imprenditrice e collaboratrice dell’ex sindaca di Torino, Chiara Appendino, che davanti a una platea di quasi 200 invitati era stata platealmente accusata dall’ex compagno, Massimo Segre, commercialista ed esperto di finanza, di presunti tradimenti messi in atto durante la loro relazione. Il tutto immortalato in un video che appunto aveva il giro della rete e aveva scatenato, come accade sempre in questi casi, centinaia di comenti social, molti dei quali veramente offensivi nei confronti della donna.
I social media nascono con lo scopo di avvicinare e mettere in relazione persone anche molto lontane e diverse tra di loro, dando la possibilità di esprimersi, confrontarsi, conoscere realtà differenti e stringere legami oltre i vincoli del “mondo reale”. Hanno completamente rivoluzionato il modo di interagire di intere generazioni. Quest’intento, però, si sta scontrando sempre di più con la presenza dei cosiddetti leoni da tastiera che rendono gli ambienti dei social spesso problematici e pesanti, creando situazioni di sofferenza che possono recare danni anche gravi a persone meno pronte a sopportare gli attacchi virtuali e a trovare un modo per reagire.
Dopo la pubblicazione del video incriminato, la Seymandi aveva presentato una denuncia nei confronti dell’ex compagno, proprio per le reazioni avute contro la sua persone arrivate via social network. A distanza di quasi un anno, il pm Roberto Furlan, che ha in mano il fascicolo, ha deciso di chiedere l’archiviazione, una decisione sorprendente soprattutto alla luce delle motivazioni portate dal pubblico ministero. “Siccome vengono creati molti profili falsi”, scrive il pm, “è difficile se non sostanzialmente impossibile su Facebook risalire alla compiuta identificazione del responsabile della diffamazione”. Per questo e altri motivi, gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna. Ciò che è non è tollerato nel mondo reale, nel mondo dei social è quasi normale“.
Con queste motivazioni di fatto il pm sdogana l’odio sui social perchè secondo la sua tesi non è diffamazione ciò che non è reale. In pratica non possiamo più pretendere che le critiche fatte su fatti privati nel mondo moderno siano fatte sempre nella maniera più elegante ed educata possibile. Toccherà ora al Gip accogliere o meno le motivazioni della richiesta di archiviazione, ma molto probabilmente questa decisione finirà per fare giurisprudenza.