Gesto indecente in discoteca da parte del politico. Poi la fuga nel proprio Paese e l’ombra di un caso internazionale
Era una notte come tante, animata dal ritmo incessante e dalle luci pulsanti di una discoteca in un noto quartiere della città. Tra i presenti, però, una giovane donna sui vent’anni, che avrebbe vissuto un’esperienza tale da spezzare l’atmosfera festosa.
Verso le 2:50 del mattino, un uomo l’avrebbe avvicinata, compiendo un gesto che lei ha descritto come un atto indecente: una mano sul seno sopra i vestiti.
Un episodio che ha subito attirato l’attenzione delle forze dell’ordine, avvisate dalla ragazza stessa. Sconvolta, infatti, ha chiamato la polizia. Quando gli agenti sono intervenuti, l’uomo ha minimizzato l’accaduto, sostenendo di averle solo toccato le braccia. Una spiegazione che, però, non ha convinto gli ufficiali, pronti a portarlo in centrale per ulteriori accertamenti.
La vicenda si è trasformata in un caso spinoso quando l’uomo, sulla trentina, si è dichiarato diplomatico, mostrando documenti che lo identificavano come tale. Non era un cittadino qualunque: si trattava di un ex rappresentante dell’ambasciata saudita, protetto dall’immunità garantita dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Così, dopo essersi qualificato, ha lasciato il luogo senza che la polizia potesse trattenerlo.
L’accusa al politico e la fuga nel suo Paese
Il fatto che ha dato vita a queste indagini è avvenuto il 15 luglio scorso a Tokyo, precisamente in un club del vivace quartiere di Roppongi. L’uomo, un ex diplomatico saudita, è stato successivamente deferito alla procura giapponese. L’accusa nei suoi confronti è di aver violato l’ordinanza locale sulla “prevenzione dei fastidi”.
Al momento del deferimento, però, lui si trovava già al sicuro nel proprio Paese. Le autorità giapponesi hanno cercato più volte di ottenere la sua collaborazione tramite richieste formali all’ambasciata saudita e al Ministero degli Esteri. Ma ogni tentativo è stato vano, dal momento che l’uomo è rientrato in Arabia Saudita a novembre, ignorando totalmente le successive convocazioni della polizia giapponese.
Chiaramente non sono mancati interrogativi e anche polemiche su come l’immunità diplomatica possa essere utilizzata in contesti come questi. Uno strumento che garantisce la protezione dei rappresentanti esteri nell’esercizio delle loro funzioni, certo. Ma episodi come questo – che evidentemente non hanno niente a che vedere con le funzioni di un diplomatico – accendono il dibattito sull’equilibrio tra tutela e responsabilità.
Ad ogni modo, per quanto si possa discutere sul tema, quel che è certo è che almeno al momento la giustizia giapponese e la ragazza che ha denunciato l’accaduto rimangono bloccati. Davanti a loro, infatti, c’è un confine insormontabile, quello della diplomazia internazionale.