Roberta Bruzzone, nota esperta e criminologa, in esclusiva ai nostri microfoni sulla morte della neonata a Padova e sul fermo della madre
Ha ucciso la figlia nata in un night a Padova. È questa la ricostruzione fatta dagli inquirenti dopo i primi accertamenti sulla morte della neonata. La Procura ha emesso un mandato di custodia cautelare ai domiciliari per la donna di origine brasiliana con l’accusa di omicidio aggravato.
La nostra redazione ha contattato in esclusiva la nota esperta e criminologa Roberta Bruzzone per fare il punto con lei su una vicenda che ha sconvolto l’intera Italia e non solo la città di Padova.
Dottoressa Bruzzone, la vicenda di Padova arriva poche settimane da quella di Parma. Sembrano essere due episodi simili anche se magari con modalità differenti.
“Io vedo due scenari abbastanza diversi in realtà. A Traversetolo c’è una giovane donna consapevole, deliberata nel perseguire per ben due volte un piano criminale veramente strutturato e non agisce nell’ambito di abbandono morale e materiale. Dall’altra parte vedo una donna che è in una condizione tragica sia di vita che di professione e si trova in una posizione di abbandono e che arriva ad uccidere la figlia in questo tipo di scenario. Da una parte abbiamo l’omicidio volontario plurimo e aggravato, dall’altra un infanticidio. Sono due reati puniti in maniera diversa dalla nostra legge. Quindi sono due vicende che per certi versi si assomigliano molto di meno di quanto si possa immaginare“.
Lei diceva che l’omicidio della bambina è dovuto ad una condizione economica precaria della donna.
“Sì, disperazione, condizione economica precaria e di abbandono morale e materiale in cui questa donna viveva essenzialmente. Si trovava da sola ad affrontare una situazione che non poteva gestire. E la scelta di uccidere la bambina era motivata molto probabilmente dal fatto che non aveva gli strumenti per comprendere ben altre chance e possibilità da percorrere. La vicenda di Traversetolo è completamente diversa da questo punto di vista. Lì la ragazza di 21 anni, brillante studentessa, inseritissima, baby sitter referenziata che fa ricerche online su come liberarsi degli esiti della gravidanza. Certamente avrebbe ben potuto gestire in modo diverso la situazione perché aveva sia la possibilità che gli strumenti per farlo. Quindi sono due casi completamente differenti tanto che sono contestati due reati diversi. Da una parte omicidio volontario aggravato e dall’altra infanticidio“.
La tragedia di Padova si poteva evitare in qualche modo?
“Io mi auguro proprio di sì. Si doveva evitare. Dalle testimonianze è emerso il fatto che tutti sapevano della gravidanza della ragazza e che in quelle condizioni non dovesse rimanere a lavorare era altrettanto evidente. Era una situazione da segnalare per evitare che si verificasse quello che è accaduto“.
Questa vicenda conferma come in Italia ai giorni d’oggi c’è poco aiuto verso le donne in difficoltà?
“Io credo che questa ragazza fosse sola e viveva in una condizione di sfruttamento. E penso che la gravidanza possa addirittura un motivo in più per venderla. Temo che questo sia lo scenario. Poi naturalmente saranno fatte tutte le verifiche. La ragazza continuava a lavorare nonostante fosse chiaro a tutti la sua condizione. Se era lì e continuava a lavorare il motivo era chiaro: la sua condizione attirava clienti perversi. Chiaramente una condizione del genere non le ha permesso di gestire la situazione. L’omicidio è arrivato in un contesto di gravissimo disagio sociale, ambientale, psicologico ed economico. Non per giustificarla, però indubbiamente non possono essere messi sullo stesso piano questo episodio e Traversetolo”.
Dopo un gesto simile esiste il rischio magari di un gesto estremo?
“Una donna con queste caratteristiche, che si disfa del frutto del concepimento nell’immediatezza del fatto e che chiaramente ha una condizione di grave disagio psico-sociale, è chiaro il rischio di gesti estremi è molto elevato“.