Tortoreto. I numeri, tanti, alcuni veri altri molto meno, ora lasciano spazio agli atti ufficiali che cristallizzano una situazione nitida.
Uno dei due rivenditori dei buoni pasto, delle mense scolastiche, per conto del Comune di Tortoreto, Emiliano Guercioni, non deve dare nulla all’Ente. Anzi è il Comune di Tortoreto che deve versare nei conti dell’oramai ex esercente 2.281 euro. Somma alla quale vanno aggiunte le spese legali (1453 euro) e gli oneri legati al giudizio (poco più di 500 euro). Quello che ha tutta l’aria di diventare un debito fuori bilancio è contenuto in un decreto ingiuntivo che Guercioni attraverso il suo legale (Andrea Quaglietta), ha già inviato per via telematica in Comune e che sarà notificato in maniera cartacea nelle prossime ore. Il titolo immediatamente esecutivo trae giustificazione dal pronunciamento del giudice di pace del tribunale di Teramo (Simona Bondi Ciutti) che ha accolto il ricorso dell’ex commerciante di Tortoreto, finito nel tritacarne dell’inchiesta sui presunti ammanchi dei buoni pasto al Comune di Tortoreto.
La ricostruzione. Emiliano Guercioni, questa mattina, carte alla mano, ha ricostruito tutti i passaggi di una vicenda che qualche paradosso lo genera. E che comunque è ancora in piedi, visto che sul piano penale esiste un’inchiesta per quale è stato chiesto il rinvio a giudizio per il commerciante. Ma questa è l’altra faccia della medaglia, che ora sarà chiarita nelle aule di tribunale. Sul piano strettamente finanziario, i presunti ammanchi addebitati sul conto di Guercioni, circa 12 mila euro, non esistono. Anzi nel conteggio, poi progressivamente effettuato anche dal Comune, la situazione è ribaltata. Ossia è il Comune ad essere debitore, così come ha stabilito il giudice di pace. Va detto che l’inchiesta è partita per un presunto ammanco complessivo (ossia di somme non riversate nelle casse comunali) di circs 160mila euro, nel periodo compreso tra il 2012 e il 2017.
Da cosa nasce l’errore. La prassi consolidata, in Comune, era quella per quanto concerne i buoni pasto (ora la vendita e l’incasso sono gestiti dal Comune attraverso la banca) era quella di compensare gli incassi con i buoni pasto con i soldi che il Comune versa ai gestori per la vendita dei libri di testo. Due i fattori concomitanti, come emerso nella ricostruzione di Guercioni, hanno poi fatto prendere all’intera vicenda una piega diversa. La contestazione da parte dell’Ente di una fattura per i libri e un versamento, fatto dall’esercente all’Ente, e finito in un conto della Tia e dunque non contabilizzato. “ Dal 3 agosto” racconta Guercioni, “ quando alcune situazioni sono emerse in maniera chiara, non ho avuto risposte sulla richiesta di chiudere il contenzioso con una transazione. A quel punto il ricorso al giudice di pace per ottenere il decreto ingiuntivo utile al recupero delle somme è stato necessario”.
Gli strascichi. Oltre alla denuncia penale e all’inchiesta sui buoni pasto (che coinvolge anche un altro esercente), Guercioni ha avuto anche delle conseguenze. Con il blocco del conto corrente postale (effettuato autonomamente dalle Poste) e il sequestro preventivo di parte di un immobile.
Il commento. “ Progressivamente” , racconta l’ex esercente, “ la realtà è venuta a galla e che io non devo nulla al Comune e che al contrario sono creditore. Non possono essere dimenticate le ripercussioni subite anche sul piano dell’immagine sulla campagna denigratoria che si è creata a livello cittadino nei miei confronti. Se avvierò azioni di rivalsa? Valuterò ogni cosa nel dettaglio prima eventualmente di agire. Certo è che mi attendo delle scuse pubbliche per la disavventura causatami da altri”.