Avevano messo in piedi una vera e propria organizzazione che consentiva a ragazze nigeriane, poco più che maggiorenni, di entrare in Italia con la promessa di un lavoro.
In realtà venivano poi avviate alla prostituzione lungo la bonifica del Tronto. Al termine di un’indagine andata avanti per circa un anno, condotta dalla questura di Teramo e coordinata dalla Procura Distretturale Antimafia de L’Aquila con a capo David Mancini e la collaborazione del giudice Stefano Giovagnoni, sono state arrestate 4 donne di origini nigeriane residenti tra Martinsicuro e Monsampolo e con regolare permesso di soggiorno.
Si tratta di Elizabeth Solomon di 41 anni, Vera Obanor di 44 anni, Success Adam di 32 anni e Kate Osazuwa di 35 anni. Nei guai anche un teramano, Gerardo Di Sabatino, 60 anni, proprietario di un appartamento e comproprietario di un altro alloggio dove erano ospitate le ragazze che venivano poi costrette alla prostituzione.
Le 4 donne sono state trasferite nel carcere di Castrogno, mentre l’uomo ha ottenuto la misura domiciliare. Pesanti le accuse: tratta di essere umani, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Manca all’appello una quinta donna nigeriana, attualmente irreperibile, che fa parte dell’organizzazione e nei confronti della quale è stato emesso un ordine di custodia cautelare in carcere. “Subjection” il nome dato all’operazione, ovvero soggezione, sottomissione.
L’indagine è nata monitorando il territorio, in modo particolare la vallata del Tronto. Identificate durante i controlli 12 giovani nigeriane, tutte arrivate in Italia attraverso il perverso meccanismo che costringeva le donne a farsi carico di un debito tra i 25 e i 30mila euro nei confronti dell’organizzazione per poter affrontare il lungo viaggio, che poteva durare anche 2-3 mesi prima di imbarcarsi a Tripoli su di un barcone con rotta verso Lampedusa.
Una volta in Italia, la referente a Martinsicuro, Kate Osazuwa, provvedeva ad ospitarle in uno degli appartamenti a disposizione. Per loro nessun posto di lavoro. Ma solo minacce e costrizione alla prostituzione per saldare quel debito. Una delle ragazze durante le indagini della squadra mobile ha denunciato la storia e ha raccontato anche particolari agghiaccianti del viaggio. Le indagini vanno avanti. C’è ancora una donna a piede libero. L’operazione Subjection è solo la punta di un iceberg di un sistema che prevede varie ramificazioni.