La lezione, all’interno del corso di Storia, cultura e religione nella modernità tenuto dal professor Massimo Carlo Giannini, è stata preceduta dai saluti del rettore Dino Mastrocola e del preside della facoltà di Scienze della comunicazione Stefano Traini. Nel corso della stessa Lafram ha trattato molti temi, a partire dalla percezione che l’Italia ha della presenza dei musulmani: si pensa siano il 30% della popolazione quando in realtà sono il 4% ovvero due milioni e mezzo di persone di religione islamica. Il nostro paese infatti è il secondo in termini di divario tra percezione e realtà. Il medesimo discorso può essere fatto sugli attentati in Europa: dal 2006 e il 2013 ne sono stati 2682 e solo lo 0,6% sono riconducibili ad una matrice fondamentalista islamica ((https://www.panorama.it/news/cronaca/terrorismo-qualche-cifra-scomoda/).
Ha poi parlato dell’Ucoii e di come, tra i tanti obiettivi, si pone quello di favorire il dialogo interreligioso. “Oggi più che mai è una necessità – ha affermato Lafram – Bisogna riconoscere i tratti comuni di ciascuno ma anche distinguerci l’uno dall’altro: la pratica del dialogo deve entrare nel nostro quotidiano. Abbiamo un legame molto forte con il cristianesimo e questo va rafforzato ogni giorno perché alcuni vogliono creare uno scontro tra le religioni, quando invece possono essere un fattore di pace. Con l’Ucoii abbiamo favorito sul territorio nazionale diversi momenti di incontro tra le comunità islamiche locali e la cittadinanza, per farle sentire parte integrante del territorio. I musulmani sono delle persone normali, dei cittadini che vivono la quotidianità rispettando le norme vigenti ma con una forte religiosità che potrebbe farli sembrare degli alieni. Vogliamo un Islam italiano sempre più riconosciuto, più di casa e meno legato al fenomeno dell’immigrazione”.
Su quest’ultimo tema ha aggiunto: “In Italia non sappiamo cosa fare degli immigrati. Non c’è una visione a lungo termine, non sappiamo cosa succederà da qui a 20 anni ma sappiamo che c’è una maggiore necessità di dare una risposta chiara e risolutiva. Il mondo è variegato e questo stimola la conoscenza: non dobbiamo avere timore della diversità, che non significa perdere la propria identità. Chi ne ha una forte non ha paura di dialogare anzi ne esce con un valore in più. L’essere umano è nemico di ciò che ignora ed è per questo che bisogna favorire i momenti di incontro”.
Attualmente poi l’Ucoii non ha ancora una intesa con lo stato italiano, come invece è già accaduto da tempo per gli altri gruppi religiosi. “Non c’è una volontà da parte dello Stato di risolvere la questione mentre in altri paesi come La Francia, l’Austria, il Belgio, l’Olanda, la Spagna da tanti anni hanno stipulato una intesa, mentre in Italia c’è qualcosa che non va. Questo ci preoccupa, è una mancanza di riconoscimento e ci impegniamo sempre di più su questa strada. Gli unici due gruppi religiosi senza intesa sono la comunità islamica e i testimoni di Geova”.
Tra gli altri temi affrontati, uno dei più urgenti è quello delle moschee in Italia, che sono appena cinque in tutto il territorio nazionale mentre in altri paesi islamici come il Marocco esistono 46 chiese per lo 0,6% di cristiani. Ha ribadito Lafram: “La preghiera è un pilastro dell’Islam e avere un luogo di culto diventa vitale. Si pensa che nelle moschee si radunano i terroristi ma in realtà sono anche dei presidi contro certi fenomeni di radicalizzazione: chi ha idee strane si allontana dalla comunità”.
Un commento lo ha lasciato anche Giannini: “Ogni volta che si apre una discussione sulla costruzione di un luogo di preghiera si crea un dibattito sui pro e contro ma molte persone ignorano cosa sia in realtà una moschea. Questa diventa nell’immaginario collettivo un simbolo di un mutamento indentitario: non un luogo di preghiera ma il simbolo di un altra cosa, che genera paura”.