Teramo. Suo figlio è morto sul lavoro quasi quattro anni fa. Ma il processo sul quel tragico evento “è a stento iniziato e non si riesce a celebrare, nonostante rientri in quelli cosiddetti a trattazione prioritaria, visti i reati contestati”.
“Mi chiedo a cosa serva discutere di riforme quando un tribunale della Repubblica non è in grado di far celebrare un processo per una morte sul lavoro perché non ha le aule adeguate né è in grado di attrezzarne una all’esterno e perché i giudici hanno un carico di lavoro che non consente loro di rinviare a breve le udienze”. Così si rivolge con una lettera aperta alla ministra Marta Cartabia la madre di quel giovane di 32 anni , morto tragicamente nel piazzale di una ditta a Castelnuovo Vomano mentre lavorava come trasportatore.
“Il Tribunale di Teramo non è in grado di poter far svolgere in sicurezza i processi con più parti, a causa della carenza di aule attrezzate, risorse e personale, e per questa ragione in un anno e mezzo, da quando è iniziato il dibattimento, a causa di continui rinvii è stato sentito solo uno dei circa venti testimoni. Con questa cadenza il processo di primo grado durerà numerosi anni” scrive la donna , che si rivolge a Cartabia come “madre, vedova e umile cittadina”, per chiederle conforto e soprattutto di “approfondire la disastrosa realtà di quel tribunale”.
“Sono sicura che morirò prima di vedere la fine di questo processo, anche prima della fine del primo grado, chiudendo per sempre gli occhi senza poter sapere come e da chi è stato ucciso mio figlio”, afferma tra l’altro la donna.