Il Rapporto annuale 2020 SVIMEZ fotografa un divario NORD SUD anche nel settore dell’istruzione, che la pandemia rischia di accentuare.
La scuola non sta riducendo le differenze nelle opportunità dei ragazzi che vengono da famiglie meno abbienti e meno scolarizzate. Anzi gli indicatori vanno in direzione opposta. La diffusione del coronavirus ha costretto le scuole a modificare le modalità di erogazione della didattica, passando dalle lezioni in presenza alla didattica a distanza. Una scelta obbligata durante l’emergenza della primavera scorsa ma poi replicata in parte nel corso della seconda ondata autunnale.
Il Rapporto SVIMEZ denuncia l’interruzione del processo di convergenza negli indicatori scolastici che aveva caratterizzato il passato. Ad esempio la spesa pro capite dei comuni singoli e associati per i servizi socio-educativi per la prima infanzia (euro per bambino residente di 0-2 anni) documenta che in Abruzzo si spendono 277 € contro una media del Centro Nord che viaggia sopra i 1000 €. Ancora, in Abruzzo ci sono minori opportunità formativa, infatti il 17 % dei bambini della primaria ha il tempo pieno contro il 45% del Nord.
Nel Rapporto si evidenzia che in Abruzzo le spese per i servizi all’infanzia sono quattro volte più bassi rispetto al centro Nord. Solo il 23% dei comuni ha i servizi per l’infanzia. Solo il 4,7% dei bambini usufruisce dei servizi per l’infanzia contro una media del 16,6% del Nord. Mentre sul tasso di abbandono scolastico sono stati fatti passi avanti: in Abruzzo è del 9%, prossimo agli obiettivi europei, che collocano l’asticella al 10%.
Tuttavia, in tempi di pandemia rischiano di aumentare le iniquità formative esistenti nei diversi territori. Già abbiamo documentato il fatto che gli studenti più svantaggiati restano più indietro rispetto ai loro compagni a causa della mancanza degli strumenti necessari per poter seguire le lezioni a distanza. In un tale contesto assume importanza ancora maggiore l’ambito familiare con un potenziale incremento del divario tra le famiglie in grado di far fronte alle difficoltà connesse all’interruzione della didattica in presenza e quelle dotate di scarsi mezzi culturali ed economici.
Si tratta di una certificazione delle diseguaglianze che si accentua nei periodi di crisi. Ne è chiara testimonianza il dato relativo alla quota di ragazzi tra i 6 i 17 anni che vivono in famiglie in cui non sono disponibili dispositivi informatici. Il divario territoriale anche in questo caso è rilevante, 7,5% al Nord contro 19% nel Mezzogiorno, e assume dimensioni crescenti in base alle caratteristiche delle famiglie di appartenenza. Nel caso di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo, la percentuale di ragazzi che non ha disponibilità di un sussidio informatico nel Centro Sud raggiunge il 34%. Il rischio è che un terzo dei ragazzi di queste famiglie vengano esclusi dal percorso formativo a distanza con conseguenze rilevanti nei prossimi anni sui tassi di dispersione scolastica.
”Una ragione in più per consentire agli studenti e alle studentesse di poter andare a scuola e frequentarla in sicurezza”, si legge in una nota della FLC CGIL Teramo. “Una ragione in più per investire nella scuola soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, per ridurre il divario esistente, ricordando, come diceva Benjamin Franklin che “il miglior investimento possibile è quello nella conoscenza”.