Dietro al dolore di chi ha perso un proprio caro per una malattia improvvisa e c’è anche l’umanità di chi, quotidianamente, indossando un camice lotta al fianco di chi è in un letto di ospedale.
E la sanità non è composta solo da accezioni negative. Anzi, professionalità e umanità si miscelano spesso nelle cronache di tutti i giorni, anche quando il paziente non riesce a farcela.
Di seguito pubblichiamo la lettera di una donna che ha perso la madre e che, pubblicamente, ha voluto ringraziare il primario del reparto di chirurgia dell’ospedale di Sant’Omero.
La lettera
Non racconterò degli altri dottori, quelli che al posto del cuore hanno un buco nero e trattano i malati come pesi da scaricare, senza tenere conto delle piaghe del cuore e del corpo che si porta dietro una malattia grave.
Né di quelli che “dimenticano” le medicazioni, le indicazioni di cura, il buon senso e sanno solo accusare i familiari, spaesati di fronte alla sofferenza, ricordando che l’ospedale non è un parcheggio.
Non racconterò di quei medici che di fronte a richieste esplicite parlano di morale, dignità e efficienza mentre ad una vecchina ricoverata nel loro reparto le figlie non riescono ad aprire la bocca, rimasta incollata dall’assenza di cure.
Oggi voglio raccontare del primario di Chirurgia di Sant’Omero dottor Vinicio Rizza, un giovane ma eccezionale medico che è una ventata di freschezza e di speranza in un luogo spesso di dolore. Il dottor Rizza, che ha curato negli ultimi giorni mia madre, restituendole dignità e coraggio, col suo fare attento ed umano come solo un medico veramente illuminato sa essere. Sempre pronto, presente, accogliente, mai avaro di sorrisi e di tempo da dedicare ai malati ed ai loro cari, cosciente che ogni dramma vissuto ha bisogno non solo di flebo e medicazioni, ma di parole. Ogni visita una carezza, ogni giorno un tentativo di lenire, migliorare, curare, sollevare e incoraggiare chi ha di fronte, senza dimenticare l’umanità di un sorriso.
Perché come dice il dottor Rizza, chi va in ospedale va per risolvere un problema e chi ha un problema, per primo, ha bisogno di umanità.
Nessun divismo, né protagonismo da camice bianco, il dottor Rizza è figlio e fratello in corsia, tanto da controllare in cartella clinica la data di nascita e fare gli auguri ai pazienti. Lo stesso ha fatto con mia madre, strappandole uno degli ultimi sorrisi.
Perché per il dottor Rizza, quando la guarigione è un miraggio lontano, comunque rimane a cuore la persona “che sia un anno, un giorno od un’ora che sia una vita dignitosa”.
Grazie dottore, eccellenze come la sua dovrebbero essere valorizzate e custodite come tesori rari e preziosi nel nostro territorio, perché le sue mani curano ed ancor di più il suo buon cuore.
Grazie dottor Rizza, anche se la nostra battaglia l’abbiamo persa in poco più di un mese so che nelle sue mani mia madre si è sentita al sicuro ed ha sperato di poter tornare a casa, com’è stato, per ricominciare a vivere nell’amore. Lo stesso amore che lei mette nel suo lavoro ogni giorno e di cui le sarò grata per sempre.
Lettera firmata