“In queste occasioni, quando si parla di possibile perdita di lavoro, riteniamo che la solidarietà tra sfruttati sia il primo passo, e che provare a pensare di intraprendere azioni più incisive debba essere il secondo. La delocalizzazione di un’azienda, infatti, non è una mossa vigliacca di un padrone avido e cattivo. La delocalizzazione è un mero atto di naturale sopravvivenza imprenditoriale, in un sistema economico di stampo capitalista e liberista quale è il nostro e che, proprio per questo, combattiamo ogni giorno con le nostre azioni”.
E ancora: “Continuare, perciò, a ipotizzare che l’unica strada percorribile sia la concertazione aziendale è perdente, così come è un suicidio affidarsi ai vari politici in perenne campagna elettorale. Potrebbe, invece, risultare vincente iniziare a pensare seriamente all’occupazione dell’azienda, in modo da impedire il trasferimento all’estero dei macchinari e della produzione, e intaccare quello che realmente interessa: il fatturato. Se vogliono lasciare in mezzo alla strada gli operai, lasciamo loro fuori dai cancelli”.