Sono trascorsi praticamente 9 anni (da quando è arrivato il diniego), per far dirimere un contenzioso nato tra una società che opera nel campo delle energie rinnovabili e la Regione che all’epoca, non aveva rilasciato il nulla-osta per la realizzazione di un impianto di cogenerazione con fonti rinnovabili.
La vicenda. Alla fine del 2009, la società ricorrente aveva sottoscritto un contratto con un vivaista della zona che prevedeva la realizzazione di un impianto di cogenerazione al alto rendimento per la produzione di energia elettrica e calore. In pratica, il progetto avrebbe sostituito il vecchio impianto di calore, in funzione in una serra a Villa Rosa, ricevendone in cambio l’elettricità necessaria al suo funzionamento, acqua calda e anidride carbonica per la concimazione.
Una sorta di accordo, nel quale la società energetica avrebbe poi sostenuto tutti i costi della realizzazione, godendo dei benefici legati alla gestione dell’impianto e al ricavato della vendita dell’energia elettrica. Per chiudere il cerchio, serviva un’autorizzazione unica regionale per realizzare e gestire il nuovo impianto.
La Regione, però, all’epoca non aveva dato avvio al procedimento, in quanto aveva ritenuto che il progetto andava assoggettato al piano regionale per la tutela della qualità dell’aria. E considerava l’impianto a biomassa come un nuovo insediamento.
Ovviamente, ne è scaturito un ricorso al Tar e il tribunale amministrativo ha accolto le ragioni della società in procinto di effettuare l’investimento.
Due i punti focali della sentenza del Tar. Il fatto che tale impianto poteva essere autorizzato anche in una zona agricola e che non si trattava di un nuovo insediamento, visto che il progetto avrebbe sostituito l’impianto esistente alimentato a metano.
Da qui l’accoglimento del ricorso. Non è stata invece accolta la richiesta dei ricorrenti del risarcimento del danno derivante dai mancati introiti legati all’investimento.